17 dic 2016

L’IDENTIKIT DEL NUOVO ESECUTIVO


16/12/2016 - 13.30




ROMA\ aise\ - Associazione nata nel 2006, parte di un network internazionale che promuove l'open government, alla fine della settimana che ha visto debuttare il Governo Gentiloni, Openpolis pubblica l’identikit del nuovo esecutivo, tratteggiando il contesto politico in cui è nato e, attraverso dati pubblici di oggi e di ieri, confrontando la sua composizione con quelli che lo hanno preceduto.
Prima di tutto, Openpolis ricorda che “dalle ultime elezioni politiche del 2013”, quello di Gentiloni “è il terzo esecutivo nominato: in pratica uno all’anno. Nonostante l’attuale parlamento sia caratterizzato da un numero elevato di cambi di gruppo, gli esecutivi Letta, Renzi e Gentiloni hanno sempre mantenuto una certa continuità, sia per la maggioranza a sostegno, sia nei membri che hanno composto le squadre di governo”.
L’associazione, quindi, analizza la composizione del governo Gentiloni, confrontandolo con i 4 esecutivi che lo hanno preceduto (Berlusconi IV, Monti, Letta e Renzi). I raffronti sono stati fatti alla data dell’insediamento dei vari governi.
I dati. 

Numero di ministri, donne e età media
Rispetto al governo di Matteo Renzi, nell’esecutivo Gentiloni ci sono due ministri in più, e il loro numero passa da 16 a 18. Nella precedente squadra i ministri senza portafoglio erano 3 (Madia alla Pubblica amministrazione, Boschi alle riforme e Lanzetta agli affari regionali); con l’attuale diventano 5 (oltre ai precedenti sono stati aggiunti lo Sport con Lotti e la coesione territoriale/mezzogiorno con De Vincenti). Si tratta comunque del secondo esecutivo meno numeroso delle ultime due legislature.
In calo il numero di donne nell’esecutivo, erano 8 nel governo Renzi, 7 di quello Letta, e ora diventano 5. La percentuale scende quindi al 27,78% sul totale dei ministri, in linea con la media degli altri governi europei (28,07%). Scende il numero di ministre con portafoglio, da 5 (esteri, difesa, istruzione, salute e sviluppo economico) a 3 (salute, difesa e istruzione). In calo anche quelle senza portafoglio, considerando che il ministero per gli affari regionali, con Renzi inizialmente guidato da Maria Carmela Lanzetta e poi passato a Enrico Costa, è rimasto nelle mani di quest’ultimo. Alcuni dicasteri risultano assegnati con una certa regolarità a donne. Per esempio, degli ultimi 5 governi, tutti tranne quello guidato da Mario Monti, prevedevano donne a capo dell’istruzione (Gelmini – Berlusconi IV, Carrozza – Letta, Giannini – Renzi, Fedeli – Gentiloni).
Rimane più o meno invariata dal 2008 a oggi l’età media dei ministri al giorno dell’insediamento. 52 anni con il governo Berlusconi, 53 con quello Gentiloni, dato in linea con i colleghi del vecchio continente la cui età media è 52. Il massimo è stato raggiunto con l’esecutivo Monti (64 anni) e il minimo con Renzi (48 anni).
Il governo Gentiloni è dunque composto da un numero minore di donne, e ha un’età media superiore rispetto a quello guidato da Matteo Renzi. Sono rimasti 3 gli under 40 a cui è stato affidato un dicastero: ai confermati Madia (Pa) e Martina (Agricoltura) si aggiunge Lotti allo sport, che sostituisce l’altra trentenne del governo Renzi, Maria Elena Boschi, con il ministero per i rapporti con il parlamento che passa ad Anna Finocchiaro.
Partiti e personalità ricorrentiNelle ultime due legislature (dal 2008 a oggi) si è creato un contesto politico molto particolare.
Dopo il governo Berlusconi IV, con ministri solo del centrodestra (Popolo delle libertà e Lega nord), si è passati a 4 esecutivi di coalizione. Il primo, guidato da Monti, composto interamente da ministri tecnici e sostenuto dalla stragrande maggioranza del parlamento; il secondo con Enrico Letta annoverava ministri di Pd, Scelta civica, Unione di centro e Popolo delle libertà (poi solamente Nuovo centrodestra): il terzo con Matteo Renzi, i cui ministri venivano da Pd, Ncd e Udc; infine l’attuale di Gentiloni, che segue lo schema del precedente.
Questo aspetto ha ripercussioni sulla responsabilità politica delle decisioni prese (essendo riconducibili sia a partiti di destra che di sinistra), e sulle personalità che hanno fatto parte dei diversi governi. Dieci degli attuali 18 ministri hanno fatto parte di almeno 3 degli ultimi 5 governi, ricoprendo un minimo di 3 diversi incarichi.
L’espressione massima di questo fenomeno sono Angelino Alfano (Ncd) e Claudio De Vincenti (Pd), entrambi presenti in 4 degli ultimi 5 governi con 5 diversi incarichi.
Il primo è stato ministro della giustizia nel Berlusconi IV, vice presidente del consiglio con Letta, ministero dell’interno con Letta e Renzi e ora ha prestato giuramento come ministro degli affari esteri nel governo Gentiloni.
Per il secondo la carriera governativa è iniziata con Monti quando fu nominato sottosegretario allo sviluppo economico, incarico che ha mantenuto negli esecutivi Letta e Renzi, prima di passare alla presidenze del consiglio con quest’ultimo e alla guida del ministero per la coesione territoriale con Gentiloni.
Al momento l’analisi sul governo è limitata ai ministri, non essendo ancora stata nominata l’intera squadra, composta anche da sottosegretari e vice ministri. A oggi infatti è stata individuata solo Boschi come sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio dei ministri. Un incarico molto importante, che negli ultimi quattro esecutivi è stato ricoperto da personalità che hanno finito per avere un certo peso nel governo: Gianni Letta con Berlusconi, Antonio Catricalà con Mario Monti, Filippo Patroni Griffi con Enrico Letta e prima Graziano Delrio e poi Claudio De Vincenti nel governo Renzi. Chi svolge questo incarico è l’unico sottosegretario che è ammesso a partecipare alle riunioni del consiglio dei ministri.
La fiducia all’insediamentoÈ ancora presto per valutare la compattezza politica del nuovo governo. L’unica analisi possibile è sul voto di fiducia al giorno dell’insediamento. Anche se la maggioranza a sostegno degli ultimi tre esecutivi è pressoché la stessa, alcuni elementi di novità ci sono. Innanzi tutto il forte inasprimento dei toni politici, con i gruppi di opposizione sempre di più contrari a qualsiasi forma di dialogo con la maggioranza.
Questo elemento è evidente dai numeri dei voti di fiducia. Alla Camera il governo Gentiloni ha ottenuto più o meno lo stesso numero di voti favorevoli del governo Renzi (solo 10 in meno), ma con una percentuale molto più alta di voti favorevoli sul totale dei voti espressi (77,80% contro 63,11%). Questo perché molti gruppi di opposizione (tra cui Lega e 5stelle) si sono rifiutati di partecipare al voto, e il numero di pareri espressi è quindi passato da 599 a 473. Solo il 75% dell’Aula ha votato la fiducia al governo Gentiloni.
La particolare situazione politica, e il nuovo atteggiamento dell’opposizione, è anche evidente dai numeri del Senato.
Il nuovo inquilino di Palazzo Chigi ha ottenuto a Palazzo Madama esattamente lo stesso numero di voti favorevoli del suo predecessore (169), e molti meno contrari (99 Gentiloni, 139 Renzi).
Anche in questo caso è evidente la scelta da parte di alcuni gruppi di non partecipare alla votazione. In percentuale sui voti espressi, il nuovo governo ha ottenuto un risultato superiore a quello di Renzi e Berlusconi, ma inferiore a quello di Letta e soprattutto Monti.
Nonostante gli infiniti cambi di gruppo dell’attuale legislatura, più di 9 al mese, molto poco è cambiato nel sostegno e nella composizione dei tre governi che si sono succeduti.
Una continuità forse evidente se si considera la costante predominanza dei numeri del Partito democratico (soprattutto alla camera), e le sue varie alleanze con movimenti centristi che hanno contribuito a questa movimentata stabilità: da Scelta civica, al Nuovo centrodestra, fino alla terminata (almeno per ora) parentesi di collaborazione con Al-a, a tratti fondamentale al Senato. (aise) 

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