Il Vice Ministro degli Esteri Marta Dassù |
Giovedì 08 Agosto 2013 16:28
L’audizione, inizialmente prevista insieme alla Commissione Esteri della Camera, si è svolta di fronte ai soli senatori: i deputati non hanno potuto lasciare Montecitorio, senza contare che tanti tra gli eletti all’estero sono oggi a Marcinelle per commemorare la tragedia mineraria insieme alla Presidente Boldrini e al Viceministro Archi.
Nel suo intervento, Dassù ha ricordato che il piano di riorganizzazione viene da lontano, è supportato da leggi e decreti, ed è, soprattutto, inevitabile. Le sedi consolari annunciate chiuderanno – tranne Capodistria, salva almeno per ora – ma la Farnesina sarà lieta di ascoltare spunti e suggerimenti su come attuare servizi sostitutivi per i connazionali. Questo, in sintesi, quanto ribadito da Dassù, che ha comunque differito a settembre, alla ripresa dei lavori parlamentari, i dati certi sede per sede.
"La riorganizzazione della rete non è un’opzione, ma una necessità", ha sottolineato il Vice Ministro. Essa, ha aggiunto, "è dovuta sia al quadro geopolitico, per cui serve una rete più coerente al quadro internazionale, sia alla situazione economica. Vogliamo aprire una discussione seria con il Parlamento su come attuare questo processo, tenendo conto dell’obiettivo principale: ci serve una rete diplomatica per il mondo di oggi, non per l’Italia di ieri".
La riorganizzazione "non è un lavoro che comincia oggi": la Legge Finanziaria del 2007 chiese al Mae di ristrutturarsi per adeguarsi alle nuove esigenze e ai nuovi mercati; poi nel 2011 la legge sulla stabilizzazione finanziaria (144/2011) pose la questione-risorse.
Ad oggi, ha ricordato Dassù, "la nostra è una delle reti più estese nel mondo", composta da 319 sedi (compresi IIC). Occorre "renderla più rispondente all’esigenze di oggi", ha aggiunto. Nessuno vuole "sacrificare uno degli strumenti della proiezione dell’Italia nel mondo", né i "servizi per gli italiani all’estero". Anche perché "l’Italia è un Paese che vive sull’estero: abbiamo una numerosa collettività, dipendiamo dall’import di energia e possiamo rilanciare la nostra crescita solo guardando ai nuovi mercati".
Detto questo, e posto che la Farnesina non vuole più "tagli lineari, ma una seria riorganizzazione funzionale", Dassù ha citato il documento conclusivo del Comitato costituito nel 2011 dal Mae nella parte in cui recita: "la rete è una risorsa per il Paese da preservare, aggiornandone struttura e distribuzione". E ancora: "i servizi sono in netta crescita nei Paesi a forte espansione economica e in munizione in quelli di storica presenza italiana, come in Europa, dove i nostri connazionali sono più integrati”.
Serve, quindi, "un riequilibrio geografico, ma nuove aperture su nuovi mercati sono possibili solo se chiudiamo altre sedi, soprattutto quelle che costano di più, rispetto ai nostri interessi".
Il decreto legge sulla spending review, ha quindi ricordato il viceministro, ha imposto alla Farnesina di procedere alla riorganizzazione con più rapidità: "la fine del processo della riorganizzazione doveva essere il 31 dicembre 2012" e invece "abbiamo provveduto al taglio degli organici (20% personale diplomatico, 10% personale di ruolo) ma la riorganizzazione è ferma dal 2011". Quindi ora "riprendiamo un processo già iniziato" per un "riorientamento" come ha detto il Ministro Bonino.
Posto che la rete diplomatico-consolare "è la principale ricchezza del Mae", oggi "sconta due criticità: la prima è la scarsità delle risorse umane. Gestiamo rete con 1000 unità in meno rispetto al 2004. Il personale del Mae è la metà di quello di Francia, Germania e Gran Bretagna", che più o meno hanno una rete come la nostra. Meno anche i funzionari diplomatici: i nostri sono un 1/3 di quelli della Francia e 1/4 di quelli britannici. Secondo i dati del Vice Ministro, nella classifica dei 10 paesi che hanno la rete più estesa al mondo, l’Italia è al quarto posto per estensione e all’ottavo per il personale impiegato. Quindi c’è "un enorme squilibrio".
La seconda criticità, manco a dirlo, sono i soldi che non ci sono. Anche qui la comparazione con l’estero è imbarazzante: il bilancio del Mae (dati 2013) incide per lo 0,24% sul bilancio dello stato; in Francia è l’1,78%, in Germania l’1,15%. Quindi, "destiniamo alla politica estera risorse insufficienti, ma la situazione resterà questa", dunque "l’unico modo di avere una diplomazia più coerente è concentrare risorse sulle nostre priorità".
Su quali siano queste priorità il Ministero lo comunicherà a settembre: è in corso un grande lavoro per "ridefinire in modo sistematico le priorità geopolitiche dell’Italia" come non si faceva da tempo, ha annunciato Dassù. L’Italia è un Paese molto esposto ad un arco di crisi, che si trova vulnerabile a causa dell’instabilità da sud (Mediterraneo, Africa), dove deve essere un full spectrum actor, quindi servono sedi; ci sono poi priorità economiche, collegate non solo al mondo industriale, ma anche ai rifornimenti energetici e alla domanda residuale (mercati emergenti)". Infine, ci sono "priorità culturali, collegate in massima parte alla presenza della nostra emigrazione diffusa, sia vecchia che nuova".
Se queste sono le priorità, oggi "la distribuzione della rete è incoerente: troppo concentrata in Europa e troppo poco proiettata sui mercati emergenti". È una rete "modellata su l’impianto di mezzo secolo fa: delle 127 ambasciate, 44 sono in Europa!".
La Farnesina, quindi, segue il piano del 2011, ma rivedendolo (poco): le 14 sedi annunciate sono diventate 13, perché si è deciso di soprassedere su Capodistria. "È una riflessione in corso", ha spiegato Dassù, presa "per il valore storico-simbolico di questo Consolato".
Il resto, "a grandi linee, è confermato", ma il viceministro esporrrà i dati completi in Parlamento solo a settembre, quando cioè sarà "in grado di riferire gli strumenti sostitutivi posti in essere sede per sede, così da garantire i servizi per gli italiani all’estero. La vostra indagine conoscitiva sarà importante anche per questo". Si va per fasi, dunque: al momento sono certe 13 chiusure e 3 nuove aperture. Nei prossimi anni la riorganizzazione "riguarderà anche IIC e ambasciate. Stiamo riflettendo su tempi e modi per avere una rete più snella e che abbia un respiro europeo, per sfruttare sinergie con il Seae".
"Non è la prima volta che chiudiamo sedi consolari", ha ricordato Dassù. "Dal 2007 al 2011 ne sono state chiuse 24 e abbiamo aperto altrove, come a Dubai. Il bilancio di queste scelte è che esistono disagi iniziali, ma che quando la novità viene metabolizzata e gli strumenti sostitutivi sono operativi la situazione si normalizza". D’altronde "anche altri paesi europei fanno lo stesso: la Gran Bretagna ha chiuso in Italia i consolati di Venezia, Firenze e Napoli e ha annunciato che nel 2015 aprirà 11 nuove ambasciate".
"L’impegno della Farnesina – ha tenuto a sottolineare – è nei confronti dei nostri lavoratori, delle comunità italiane che incontreranno qualche disagio e delle autorità locali dei Paesi dove chiudiamo. Ci impegniamo a minimizzare i disagi per il personale, a garantire i servizi e a preservare le relazioni internazionali". Quanto alle risorse umane, Dassù ha assicurato che "gli organici dei consolati riceventi saranno rafforzati e sarà garantito il reimpiego ai contrattisti locali, mentre il personale di ruolo continuerà con l’alternanza Roma-estero".
Tornando ai servizi consolari, anche Dassù, come i suoi predecessori, ha parlato di "attivazione in loco di agili strutture, come sportelli consolari o consoli onorari e di missioni periodiche, modulate di caso in caso". Senza dimentica il "potenziamento della tecnologia informatica per i servizi a distanza, online".
Insomma, "il piano di chiusura è certo; gli strumenti compensativi possiamo discuterli. Non abbiamo paura delle novità, non possiamo difendere ad oltranza lo status quo, che non garantisce in realtà nessuno. Il mondo cambia e noi dobbiamo cambiare con esso". (m,cipolloneaise)
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