(Roma, 19 aprile 2012) - La Camera dei Deputati ha approvato oggi il Decreto fiscale” (D.L. 16/2012) recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, un decreto che tra le norme principali annovera anche la regolamentazione dell’IMU (Imposta municipale unica). Le modifiche introdotte al testo già licenziato dal Senato sono esclusivamente quelle apportate dalla Commissione finanze, sulle quali il Governo ha posto la questione di fiducia.
Sono stati così azzerati gli emendamenti presentati direttamente in aula, tra i quali l’emendamento Narducci che puntava a stralciare la regola fissata in Commissione Finanze, che “consente ai Comuni di considerare, ai fini IMU, come abitazione principale “l’immobile posseduto nel territorio dello Stato” dai cittadini italiani residenti all’estero, e sostituirla con il medesimo criterio applicato per i cittadini italiani residenti nei confini nazionali. Infatti, i Comuni, che tra l’altro devono devolvere in favore dello Stato il 50 per cento del gettito IMU, raramente (vista la penuria finanziaria che li opprime) considereranno abitazione principale quella posseduta in Italia dai loro concittadini residenti all’estero, consentendogli quindi di applicare l’aliquota più bassa e fruire dell’esenzione di 200 euro.
Il Governo, nella stessa seduta, ha accolto con favore un mio ordine del giorno che lo impegna a “valutare la possibilità di predisporre un successivo provvedimento” che applichi in modo diretto e automatico anche per i cittadini italiani all’estero, iscritti all’AIRE, le agevolazioni fiscali vigenti per la prima casa prevista per gli italiani residenti in Italia. Un gesto lodevole quello del Governo, ma che non mitiga il giudizio negativo su questa ennesima mancanza di considerazione per chi vive all’estero e ha investito (in particolare le prime generazioni di emigrati residenti in Europa, senza tralasciare le eredità) i propri risparmi nella casa costruita in Italia. Come noto, infatti, “un ordine del giorno non si nega a nessuno”. Cosa accadrà ora? Si deve presumere - come avevo sostenuto in un’interrogazione rivolta al Ministro dell’economia e delle finanze lo scorso 8 marzo - che molti connazionali emigrati venderanno la casa in Italia rescindendo uno dei legami più importanti con la loro nazione. Di certo non per colpa loro!