A cura di Gianpaolo Ceprini
E’ sempre difficile
salutare chi parte, non tuttavia per chi ha fede.
Ho da poco appreso
della morte del Presidente, e per chi lo conosceva sappiamo che si tratta
dell’unico Uomo che rivestisse questa carica dalla nascita: il Presidente
Giulio Andreotti.
In casa mia l’On.
Andreotti era una persona che faceva parte della Famiglia, gli eravamo legati,
era la persona con la quale eravamo sempre in contatto, anche se a volte
passavano mesi che non ci sentivamo, era lì, sempre presente, come un buon
Padre che era pronto a dispensarti il consiglio giusto al momento giusto.
Si, questo era il
Presidente Andreotti, l’uomo vicino a tutti, quello che ti ascoltava e sapeva
darti il consiglio utile a superare il momento difficile.
Tutti, scriveranno di
tutto: era belzebù per la sinistra, era
l’uomo dei misteri d’Italia, era il segreto dei segreti.
Sono un uomo del
popolo, e credo di voler dare con questo mio piccolo contributo alla lettura
giusta di un Uomo con la U maiuscola che ha saputo fare gli interessi dello
Stato italiano e sicuramente degli italiani.
In casa mia, sentii
parlare dell’On. Giulio Andreotti quando ero piccino. Mio Padre aveva
un’Impresa autostradale e negli anni ’60 in pieno boom economico non era facile
lavorare e quando fui più grande, nell’età della ragione, mio Padre mi spiegò perché fu costretto a
chiudere l’Impresa. Le tangenti erano
pesanti e sicuramente chi aveva costituito da poco una società non era in
condizione di poter sopportare tali oneri, visto che per partecipare alle gare
si concorreva con i prezzari del Genio Civile.
Oneri insopportabili che ti costringevano ad andare sotto sul conto in
banca e le banche si sa non facevano e non fanno regali a nessuno. Lui no, cercò di aiutarci senza chiedere alcunché. La sua preziosa Collaboratrice, la Signora
Enea, tessitrice impagabile dei suoi rapporti, ti aiutava a superare ogni
ostacolo a suo nome. Donna impagabile
che lo affiancò fino all’ultimo minuto.
Di tutto questo,Caro
Presidente, nessuno può dirLe grazie, tranne io, anche a nome di mio Padre, ora
per allora, come si dice nella burocrazia.
Chiusa l’impresa, la
nostra amicizia non diminuì. Vivono le
Sue campagne politiche per Attilio Jozzelli a Viterbo, Caro Presidente, per le
quali mio Padre si impiegò memore di quell’aiuto disinteressato ed affettuoso
che Lei ci dette. Lo fece per la DC e
per la sua corrente, giusto, erano anni in cui il PCI usava ogni mezzo per
avanzare con i suoi slogan sempre invariati dal dopoguerra, sempre gli stessi e
immodificati.
Ha ragione quando Lei
risponde a chi le domanda qualcosa su Belzebù “che forse un certo numero di
allievi c’è l’ha”. Certo che ce l’ha e
sono ancora lì che sperano di far
trionfare le loro false “verità”.
Non ho mai smesso di
seguirla con affetto, ora più di prima, perché mi accorgo di quanto valessero
le sue parole e le sue sarcastiche battute.
Barlumi, in un mondo di cecità,
dove spesso si cerca di mistificare la verità con la realtà, ed allora anche
noi piccoli dobbiamo dire quello che abbiamo vissuto,
Lei sa che vissi la
mia piccola realtà politica vicino alla destra e più volte me lo rimproverò,
“cosa inutile” disse, e Dio sa quanto aveva ragione, anche perché “solo il
consenso” porta a risolvere i problemi della collettività. Ed aveva ragione
anche in questo caso, ma me ne resi conto solo più tardi.
Assistetti alla operazione
“ Greggi” di cui non capii immediatamente il suo illuminato senso, ma la
politica è per grandi e non per gli attivisti, che spesso capiscono solo dopo
quanto è accaduto sulle loro spalle.
Lei è stato l’unico
che ha saputo andare ben oltre
l’antifascismo, quell’antifascismo da cui la sinistra non ha mai saputo uscire
con i propri slogan di partito, rimanendo ingessata su se stessa morendoci
lentamente. Quella sinistra che aveva
bisogno di un Belzebù, tanto che
scaricherà su di Lei i propri strali
uccidendo così l’unica possibilità di
uscita dal periodo postbellico e da uno schema che li condiziona ancor oggi.
Lei è stato il
l’unico a dimostrare che la DC fosse il vero perno della democrazia italiana e
non si limitò a difendere la Chiesa, quale strumento collante della società
italiana tanto che fu definito l’uomo che incarnava “il popolo del Papa dentro
la DC”.
Cosa verissima e che
fece bene a fare, perché era l’unico modo per contrastare l’imbarbarimento
della politica e della questione morale che trascinerà di li a pochi anni il
mondo politico nelle aule dei tribunali.
Tribunali che non sempre si comporteranno in modo corretto ed equanime come
si sarebbe dovuto essendo schierati politicamente. Ahimè, una guerra senza ritorno che farà
vittime innocenti e senza peccato.
Mi riferisco al
processo Pecorelli. Che senso avrebbe
uccidere il fornitore di informazioni utili all’opinione pubblica ? perché
uccidere chi dava informazioni su
come andavano
veramente le cose?
Ma potrei riferirmi
anche al processo di Palermo che la vedrà impegnata a doversi difendere da
accuse ingiuste e senza senso? Pagò solo l’orgoglio di aver difeso il proprio
Paese affinchè fosse affrancato finalmente dal “commissariamento” dei
vincitori. Grazie, Presidente, per
averci provato. Mi spiace che i
vincitori per umiliare chi tentava di salvare il proprio Paese da questa
vergognosa tratta, che ancora prosegue
dopo sessanta anni dalla fine della guerra,
non ha esitato ad imbastire
contro di Lei accuse ingiuste con pentiti di comodo pur di continuare a
spadroneggiare sulla nostra terra.
Grazie, Presidente, Lei ci ha provato.
Almeno un italiano è rimasto su questa terra. Come direbbe Montanelli, Lei appartiene al
battaglione dei perdenti.
Ed infine, questa mia
piccola testimonianza, appare in questo giorno particolare, l’8 maggio, in cui si approssima
la ricorrenza della morte dell’On. Aldo Moro.
Una morte che modificherà incontrovertibilmente le sorti della DC e se
vogliamo della Repubblica italiana. Un
evento che segnerà il destino di molti partiti politi del nostro Paese e se
vogliamo del nostro futuro.
Lei fu l’unico a
capire che non c’era alcuna trattativa, perché trattare significava la paralisi
dello Stato italiano, tanto che disse in una intervista “se accadesse a me ho
detto ai miei figli non dovete chiedere niente” perché era uno “tra i tanti” che aveva capito che le forze internazionali
in gioco non avrebbero permesso la salvezza di Moro. Nel tempo mi documentai e mi resi conto che
lei aveva ragione, purtroppo, non lo capì nemmeno l’On. Moro, tant’è che il 9
maggio sperava che forse sarebbe stato
salvato, ignaro che un ordine ben preciso aveva già posto a conclusione la sua
esistenza. Chi fu e quanti furono a
pugnalare Cesare solo la storia lo dimostrerà, se lo dimostrerà.
Ha ragione quando
affermava che non se la prendeva se il buon Dio “l’avrebbe messa alla prova con
qualche cosa di sgradevole” , purtroppo,
ciò è avvenuto ma Lei ha saputo superare con la verità che tutte le accuse
mosseLe non sono state veritiere e mi dispiace se questa soddisfazione hanno
cercato di dargliela parzialmente, ma anche in questo fu previdente tanto che
disse “questo sistema ha i suoi difetti ma funziona”.
Addio, o meglio
arrivederci, Caro Presidente, per me rimane la persona che è sempre stata
vicina alla mia Famiglia come un buon Padre e gliene sono grato. Con l’affetto di sempre suo Gianpaolo
Ceprini.
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