15 dic 2012

INTERVISTA DEL FINANCIAL TIMES A MARIO DRAGHI INCORONATO ‘UOMO DELL’ANNO 2012’

ROMA\ aise\ - "L'italiano determinato a salvare l'euro". È Mario Draghi, ex governatore della Banca d'Italia e attuale numero uno della Banca Centrale Europea, a detta del Financial Times, che lo incorona Uomo dell'Anno 2012.
 Secondo il quotidiano finanziario britannico, Draghi ha avuto un ruolo centrale nel gestire la crisi finanziaria mondiale, attitudine dimostrata "alla vigilia delle Olimpiadi 2012", quando Draghi, a Londra per un evento ufficiale, ha pronunciato parole destinate a fare da cassa di risonanza per tutti investimenti esteri nel Regno Unito: "il presidente della Bce – si legge sul Ft - aveva problemi ben più seri cui pensare".

"La moneta unica europea si stava disintegrando di fronte alle crisi di Grecia, Spagna e Italia. Dilagavano speculazioni in merito alla rovina imminente della zona dell’euro, con conseguenze finanziarie e politiche incalcolabili. Era tempo di tracciare una linea nella crisi".
"Nell’ambito del nostro mandato, la Bce è pronta a fare qualsiasi cosa per salvaguardare l’euro", ha detto Draghi, con una pausa ad affetto. "E, credetemi, sarà abbastanza".
"L’entourage di Draghi – prosegue l’articolo del Ft, scritto da Lionel Barber e Michael Steen - era stato avvertito che il presidente avrebbe presentato una dichiarazione esplicita, ma nessuno era a conoscenza del testo esatto. Con il senno di poi, la dichiarazione di luglio, potrebbe essere vista come un punto di svolta nei tre anni di crisi.
"Ciò che pensavo era che i mercati dovessero sapere quale fosse la nostra posizione", afferma Draghi nell’intervista al Financial Times. Alla domanda se avesse provato la sua pausa, sorride. "No, non sono poi così teatrale".
L’impatto delle due brevi frasi di Draghi, è stato immediato, e durevole. Il suo ruolo centrale nella crisi dell’euro, gli ha garantito il titolo del FT a Uomo dell’Anno. Altre persone, come il cancelliere Tedesco Angela Merkel e Mario Monti, l’uscente primo ministro riformista d’Italia, hanno entrambi giocato ruoli vitali. Ma Draghi è stato il protagonista principale, sollecitando insistentemente governi e banche centrali a sostenere misure necessarie per preservare l’euro.
Draghi trae le sue abilità da una carriera variegata: banchiere, economista e banchiere commerciale (Goldman Sachs), è soprattutto uno stratega profondamente riflessivo. In qualche modo, è stato molto più ardito del suo predecessore, Jean-Claude Trichet.
Sotto Trichet, la Bce ha risposto più rapidamente della Bank of England e della US Federal Reserve nella prima fase della crisi mondiale nell’estate del 2007; ma il leader francese più tardi si è trovato intrappolato dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca implacabilmente ostile a debito e inflazione.
Draghi ha preso il posto di Trichet poco più di un anno fa, confessando a conoscenti ed amici i suoi dubbi circa una possibile riuscita, nonostante la formidabile volontà politica che si cela dietro la moneta unica. Era anche preoccupato per la Bundesbank e l’opinione pubblica tedesca in generale. Ma era determinato a fare del suo meglio.
La sua prima mossa è stata introdurre un’operazione di rifinanziamento a lungo termine per le banche. Anche se l’iniziativa ha calmato le preoccupazione del mercato circa le banche, la mossa non ha inciso sull’altra grande falla dell’eurozona: l’aumento del differenziale dei costi tra i Paesi debitori colpiti (Grecia, Spagna, Italia, Cipro) ed i Paesi creditori, guidati dalla Germania. Nella primavera del 2012, gli spread sono diventati una vera e propria minaccia, esacerbati dai rischi di crollo dell’intera euro-zona, con la Grecia tra i primi Paesi a cedere.
Di fronte a questo scenario catastrofico, Draghi e lo staff della Bce hanno introdotto una nuova strategia: vere e proprie transazioni monetarie.
Anche se nessuno dei Paesi debitori ne ha finora usufruito, preferendo evitare le condizioni fiscali che sarebbero obbligati a seguire, i risultati hanno portato subito ad un calo drammatico degli oneri finanziari per i Paesi periferici e ad una rinnovata fiducia nell'euro, che può e vuole sopravvivere.
In base al piano, la Bce può intervenire e acquistare quantità illimitate di titoli con scadenza inferiore a tre anni di Paesi con un debito pubblico molto avanzato. I paesi devono chiedere aiuto al fondo di salvataggio dell’eurozona, il Meccanismo europeo di Stabilità, e ne accettano le condizioni fiscali.
Politiche che hanno portato ad una reazione feroce in Germania, soprattutto nella Bundesbank e nel suo presidente, Jens Weidmann, che siede anche nel consiglio governativo della Bce.
Draghi è troppo diplomatico per criticare Weidmann direttamente, ma nelle settimane successive all’annuncio di settembre sul programma OMT, ha chiarito che il presidente "Buba" ha delle riserve sul piano.
Il fatto che la Bce si sia ora impegnata a comprare obbligazioni di Paesi fortemente indebitati, viene considerato in Germania come una sorta di tradimento. Bild Zeitung, il tabloid tedesco un tempo entusiasta di Draghi, tuona ora contro la BCE che avrebbe emanato "un assegno in bianco" a favore dei Paesi debitori.
Una voce influente, tuttavia, è rimasta finora silente: quella di Angela Merkel.
Timorosa di fronte all’opinione pubblica in vista delle elezioni di settembre 2013 e non volendo inimicarsi la Bundesbank, la cancelliera tedesca ha percorso una sottile linea. È stata irremovibile sul fatto che gli aiuti finanziari ai Paesi debitori debbano essere subordinati a delle condizioni. I Paesi debbono fare "i compiti a casa", in termini di riforme strutturali e di riduzione dei deficit".
"Ma – si legge ancora sul Ft - dinanzi alla minaccia di un crollo dell’euro, si è rivolta favorevolmente verso Draghi.
Draghi insiste nel dire di non aver preparato il terreno per l’OMT con la cancellieria a Berlino e di non aver consultato le capitali europee prima della famosa promessa di "fare tutto il possibile". "La decisione è stata presa in piena autonomia", assicura.
In modo cruciale, tuttavia, Draghi persuase la Merkel e il board esecutivo – ovvero i capi delle banche centrali olandesi e finlandesi – che il programma di acquisto delle obbligazione da parte della Bce fosse al tempo stesso condizionato e interno al suo mandato. Programma, che secondo le sue parole, è destinato a combattere "la frammentazione finanziaria" dentro l’eurozona.
L’abilità di Draghi nel vincere la fiducia della Merkel e almeno fino ad ora, dei mercati finanziari, è impressionante.
Draghi passerà alla storia come l’uomo che ha salvato l’euro? "Quest’anno sarà ricordato dal mio punto di vista come l’anno del rilancio dell’euro e della zona euro", risponde il presidente Bce..
Altre azioni tuttavia si sono rivelate vitali, in particolare il summit europeo di giugno. "Per la prima volta in molti anni, i leader hanno stabilito una visione a medio-termine per un’unione economica e monetaria basata su 4 pilastri: unione fiscale, l’unione cosiddetta bancaria, unione economica e politica".
L’accordo di questa settimana sull’unione bancaria e sul ruolo più forte di supervisione per la Bce rappresenta un ulteriore passo in avanti. Più in generale, dice Draghi, le riforme strutturali stanno aiutando a ridurre i deficit e a ristringere i gap di competitività tra i Paesi della zona euro. Anche se la BCE ha tagliato le sue previsioni di crescita per il 2013, Draghi insiste sul fatto che l’austerità possa funzionare.
"Arrendersi adesso, come qualcuno suggerisce, equivarrebbe a sprecare i grandi sacrifici compiuti dai cittadini europei", afferma. "L’inflazione non è uno strumento della politica; non si gioca con l’inflazione".
Draghi ammette che la crisi sia stata segnata dal fatto che i governi abbiano sentito meno l’urgenza di agire di fronte all’allentarsi delle pressioni di mercato. Il programma OMT, paradossalmente, alimenta un circolo vizioso. Eppure i rendimenti delle obbligazioni italiane sono scese dal picco di luglio del 5.3 per cento ad appena sopra il 2 per cento. Gli equivalenti spagnoli sono scesi da oltre il 7 ad appena sotto il 3 per cento.
In generale, il senso è che Draghi – quali che siano le sue preoccupazioni in merito a future minacce per l'euro, come l'incertezza in Italia dopo la partenza annunciata di Monti o le sommosse popolari in Grecia – crede fermamente nel progresso stabile dell’Europa e in una sempre maggiore condivisione di sovranità tra le nazioni dell’eurozona zona.
"La questione – per Draghi - è che Paesi fortemente indebitati hanno già perso una parte della loro sovranità poiché hanno perso potere nell’ambito delle loro politiche economiche. Condividere norme comuni per questi Paesi in realtà significa far loro riguadagnare la sovranità in modo condiviso, piuttosto che pretendere che abbiano una sovranità che hanno perso molto tempo fa". Cosa che potrebbe risultare più ardua da spiegare alla Germania.
Ha conquistato l’opinione pubblica? "Non lo so. Ma so che abbiamo un dovere da portare avanti  e chiarire, e stiamo lavorando molto sodo su questo fronte".
C'è mai stato un tempo nel 2012, quando, in mezzo a tutta la pressione, ha avuto un senso di sollievo? Sorride. "C'è stato un momento del genere?".
Soffermarsi sul passato non è ciò che anima Draghi. "Non è il mio modo di vedere le cose. Io guardo avanti"". (aise)
 VENERDÌ 14 DICEMBRE 2012 17:02

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