9 set 2011

Istituzione sportello consolare a Manchester è un modello da seguire anche in altre Sedi consolari di cui si è decisa la chiusura

Come tanti stanno denunciando da tempo, la chiusura,tuttora in corso, di svariate rappresentanze consolari genera gravi problemi sia per i cittadini italiani residenti all’estero che per gli interessi del nostro sistema economico e imprenditoriale. Giova ricordare al riguardo che le Commissioni affari esteri del Senato e della Camera dei Deputati stano conducendo un’indagine parlamentare sulla "Riorganizzazione della rete diplomatico-consolare e sull’adeguatezza e sull’utilizzo delle dotazioni organiche e di bilancio del Ministero degli affari esteri" che è in piena realizzazione per cui non sono ancora disponibili i dati e le valutazioni che da essa ci si attende.
Tra le sedi consolari in chiusura al 30 settembre prossimo, nonostante le proteste, vi è quella di Manchester, nella cui circoscrizione risiedono 65 mila cittadini italiani emigrati, di cui 30 mila iscritti all’Aire. Nella risoluzione da me presentata in Commissione affari esteri della Camera il 14 luglio scorso (l’iter non è ancora concluso) si chiedeva al Governo di “procedere all’apertura di agenzie o sportelli consolari” in alcune sedi in procinto di chiudere o già chiuse e occorre dire che quanto meno nel caso di Manchester il Governo e l’Amministrazione degli esteri hanno deciso in tal senso, istituendovi uno sportello consolare con 5 dipendenti. Si evitano così i disagi che i nostri concittadini avrebbero dovuto affrontare per recarsi al Consolato Generale di Londra. Questa è la strada da seguire anche per le altre sedi consolari chiuse o in via di chiusura, soprattutto in quelle aree geografiche in cui risiedono comunità italiane molto numerose e vi sono interessi preminenti per il sistema Italia, una condizione che, per esempio, riveste indubbiamente la sede consolare di Losanna. In tal senso è davvero auspicabile un dialogo e un confronto costruttivo con il Governo e con l’amministrazione degli esteri. Tagliare qualcosa che produce benefici superiori ai costi non è sicuramente una scelta auspicabile per il Paese.

On. Franco Narducci

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