(NoveColonne
ATG) Roma - La competitività italiana perde ulteriori posizioni rispetto al
2012. Secondo la graduatoria globale sulla competitività stilata annualmente
dal Word Economic Forum– l’organizzazione che raggruppa le maggiori imprese e
multinazionali mondiali – l’Italia perde, infatti, sette posizioni e si colloca
al 49esimo posto, al di sotto di Stati come Repubblica Ceca, Barbados e
Lituania e ben lontana dai maggiori partner europei e dalle economie avanzate
con cui è solita mettersi a confronto. Durante l’anno passato, gran parte
dell’Europa ha continuato a lottare con problemi finanziari e strutturali.
Non
a caso, azioni di vasta portata sono state prese nel Vecchio Continente per
evitare fratture nella zona euro e condurre la regione su un sentiero di
crescita più dinamico, soprattutto attraverso misure macro-economiche e, in
qualche misura, attraverso riforme strutturali, soprattutto nei paesi
periferici della zona euro. Nonostante queste difficoltà, diversi Stati europei
continuano a imporsi come le economie più competitive al mondo: la Svizzera,
dove ha sede il Wef, si conferma prima ancora una volta, altrettanto stabile è
la Finlandia al terzo posto, la Germania è quarta e in crescita di due
posizioni come gli Stati Uniti quinti, mentre Gran Bretagna e Francia occupano
rispettivamente il decimo e il ventitreesimo posto di una classifica il cui
ultimo è, invece, occupato dal Ciad, 148esimo. Tuttavia, l’Europa è anche
un’area che presenta notevoli disparità in termini di competitività, perché
altri Paesi della regione si collocano più in basso nel ranking: la Spagna al
35°, il Portogallo a 51° e la Grecia al 91°. Dopo un lieve miglioramento dello
scorso anno, secondo gli esperti del Wef, l'Italia risulta in peggioramento in
ogni ranking a causa della mancanza negli ultimi anni di una chiara direzione
politica; il che comporta una crescente incertezza negli investimenti e incide
sulla competitività del Paese. Il Belpaese continua a essere frenato da alcune
debolezze strutturali: ad esempio, il mercato del lavoro rimane estremamente
rigido e ciò frena la creazione di nuova occupazione. Altri ostacoli da
superare sono, poi, gli elevati livelli di corruzione e di criminalità
organizzata e la grave mancanza d’indipendenza all’interno del sistema
giudiziario che, inevitabilmente, fanno sì che i costi delle imprese aumentino
e, di riflesso, minano la fiducia degli investitori. Le riforme istituzionali
che sono attualmente in fase di proposta dal governo – suggerisce la statistica
del Wef – potrebbero essere un passo importante per affrontare alcune di queste
sfide.
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