23 mag 2012

Documento congiunto di CGIL, CISL e UIL - critiche di Silvana Mangione


Comunicato stampa
A cura di Silvana Mangione

Il documento congiunto di CGIL, CISL e UIL – Pubblica Amministrazione – sulla spending review del MAE, si sviluppa in 6 pagine, fitte di analisi e proposte, in cui ci si oppone duramente alla Commissione del Ministero, che fissa un rapporto 20% – 80% tra personale di ruolo e personale assunto all’estero, in sintonia con i suggerimenti del CGIE dal 1991 ad oggi. Abbiamo sempre denunciato gli sprechi clientelari e la follia di inviare all’estero, ad esempio, autisti e assistenti a vario titolo che non conoscono strade, sistemi e lingua del Paese d’arrivo.
Vengo al dunque. Sotto il titolo: “Proposte a medio e lungo termine di tagli o di rinvenimento di nuove risorse” si legge il seguente inno alla democrazia: “...occorre riflettere sulla compresenza di tanti momenti di rappresentanza delle nostre collettività: Parlamentari, Consiglio Generale degli Italiani all'estero (CGIE) e Comitati degli Italiani all'estero (COMITES). A tal riguardo, si attira l'attenzione sulle somme destinate agli ultimi due organismi pari a 2 milioni di euro di contributi ed ai costi preventivati per il loro rinnovo: 16 milioni di euro per CGIE e COMITES (125 organismi) e 23 milioni di euro per l’elezione dei 16 parlamentari. In proposito andrebbero anche esaminate le percentuali di partecipazione ai distinti appuntamenti elettorali”. Senza ricordare che i parlamentari sono 18 e non 16, è come dire che, dato che in Italia esiste il Parlamento, non c’è più bisogno delle rappresentanze locali - Comuni e Regioni – garantite all’estero da Com.It.Es. e Intercomites, né quella internazionale costituita dal CGIE che è il “sindacato” dei cittadini residenti all’estero e degli oriundi. È come avere la tracotanza di affermare che, dato che le consultazioni elettorali costano, bisogna cancellare qualunque organismo di rappresentanza previsto per legge. È come dichiarare che non vale più la pena di fare ballottaggi come quelli del 20 e 21 maggio scorsi, perché in alcune città, anche molto importanti, si è recato alle urne soltanto il 39% circa degli aventi diritto, percentuale molto vicina a quella della partecipazione degli italiani all’estero alle ultime politiche. Tutto questo potrebbe essere etichettato come una penosa svista irrazionale, targata “mors tua vita mea”, che baratta la scomparsa di Com.It.Es. e CGIE con il mantenimento dello status quo per i protetti da CGIL, CISL e UIL - PA. Ma c’è di peggio: il principio su cui si basa questa proposta antidemocratica – tanto più oscena in quanto viene dai vertici di libere associazioni democratiche di protezione dei diritti dei cittadini – sta nel fatto, ributtantemente sostenuto a gran voce da parecchi parlamentari eletti fuori d’Italia che, poiché esistono loro, non c’è bisogno di altri organismi di rappresentanza. Bene, ricordando a tutti che la stessa esistenza della circoscrizione estero con elezione diretta è messa in pericolo dalle proposte di modifica costituzionale, il principio citato è anche clamorosamente smentito dalla proposta successiva: “Cospicui risparmi potrebbero anche derivare da modifiche alle modalità di esercizio del voto da parte degli italiani all'estero... si potrebbe consentire di votare solo a coloro che espressamente chiedano di essere iscritti nelle liste elettorali... (così facendo ... solo in termini di spese postali – mediamente 8, 10 euro a raccomandata - si conseguirebbero notevoli risparmi); oppure si potrebbe consentire l'esercizio del voto in loco a tutte le categorie di cittadini “temporaneamente all'estero” evitando che gli stessi vengano in Italia ad esercitare il loro diritto ottenendo un risparmio – a beneficio dello Stato – sul rimborso delle relative spese di viaggio (più di 20 milioni di euro)”. A parte l’inesattezza delle cifre citate, questo è ripugnante. Non credo che chi ha stilato il documento si sia davvero reso conto di quello che stava proponendo: cancelliamo Com.It.Es. e CGIE perché costano; limitiamo l’elettorato attivo all’estero perché costa (ma quanto costa in risorse umane e finanziarie il meccanismo della registrazione da ripetersi ogni anno?). Facciamo votare soltanto chi sta “temporaneamente all’estero” perché gli “altri” costano. Risparmiamo la democrazia, perché costa. A chi ha concordato questi obbrobri chiedo: perché non cancellare del tutto i diritti di cittadinanza, e quindi di democrazia, all’estero? Si sono chiesti gli elaboratori di questo piano di distruzione del legame fra lo Stivale e l’Italia all’estero quanto costerà, in termini di soldi, di immagine, di promozione, la cancellazione della partecipazione italiana in tutti i momenti di difficoltà e in tempi recenti ha fatto valere il proprio livello di integrazione ed il rispetto di cui gode nelle società civili estere contro le notizie di imprese carnascialesche che provenivano dall’Italia? Quale contraddizione sta nelle menti di chi sostiene la necessità di continuare ad inviare personale amministrativo dall’Italia “per fornire servizi agli italiani all’estero”, cui al contempo nega i sacrosanti, inalienabili diritti garantiti non soltanto dalla nostra Costituzione, all’Art. 3: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione... di condizioni personali e sociali”; ma anche dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nell’Art. 21: “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti”? Cosa dobbiamo fare: la primavera italo - estera per proteggere i nostri diritti? Ebbene, si sappia che, se sarà necessario, siamo più che disposti a farlo!
Silvana Mangione

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