Lunedì 21 Ottobre 2013 18:44
ROMA\ aise\ - "Quando inizia e quando finisce il diritto dello Stato italiano di imporre ai suoi cittadini, illimitatamente, un costante, progressivo, eccessivo ed ingiustificato peso fiscale mentre dimostra di non essere capace di rispettare i suoi doveri a garanzia di una saggia amministrazione della spesa pubblica, penalizzando e condizionando di fatto la vita dei suoi cittadini, soprattutto di quelli onesti che sono chiamati a far fronte puntualmente e ripetutamente al pagamento di esosi ed improduttivi tributi?". Sono gli interrogativi che si pone oggi Nello Passaro, connazionale residente in Germania, in questo intervento che riceviamo e volentieri pubblichiamo.
"D'altro canto, quando e dove finisce l'obbligo da parte dei cittadini all'accettazione passiva di tali imposizioni, di fronte ad una manifesta realtà di sperperi, di evasione fiscale, di atti di corruzione, di disfunzioni varie in tutti i comparti vitali della vita pubblica, della cui esistenza lo Stato è consapevole, volendo anche complice, servendosene, a pretesto, per giustificare il suo operato?
Uno stato irresponsabile ed incapace, nella sua componente governativa ed amministrativa, di eliminare e sopprimere le cause che le determinano.
Con quale supponenza, arroganza, diritto, o in virtù di quale legge, se non contraddicendo quella che lo Stato si è dato, di governare solo ed esclusivamente nell'interesse del suoi cittadini, può trovare lo Stato medesimo giustificazioni al suo inadempimento nei confronti della collettività e costringere la stessa a subire e soffrire per la sua incapacità amministrativa e funzionale?
Perché i suoi governanti ed amministratori, nella maggiore parte dei casi, non sono mai chiamati a rispondere della cattiva amministrazione? Come si spiega l'enorme deficit e lo stato di degrado della gestione pubblica complessiva?
Può il cittadino onesto pretendere e subordinare il pagamento dei tributi imposti successivamente al rientro dei crediti nei confronti degli evasori, dei corruttori e dei corrotti, dei danni dell'economia sommersa, del business della malavita, degli sperperi della cattiva amministrazione, della improduttività delle risorse pubbliche? La Legge di stabilità recentemente approvata ha previsto tutte queste entrate e risparmi?
È troppo facile, in Italia, da parte dei governanti e degli amministratori chiamare a pagare dei tributi che non avrebbero, né per la loro natura né per la loro entità, ragion d'essere, derivanti, in gran parte, da responsabilità che cadono unicamente sull'apparato?
È paradossale e vergognoso che cittadini onesti si vedano condizionare il loro tenore di vita e la loro esistenza per responsabilità altrui e che lo sviluppo della società, in tutte le sue componenti umane e materiali, abbia a soffrirne conseguentemente. Nel nostro panorama quotidiano riesce impossibile capire quale sia la logica in cui ci si muove veramente e quali siano gli obiettivi effettivi che si vogliano raggiungere e con quali modalità.
Solo un cumulo di confusione, di contraddizioni e di comportamenti schizofrenici - questa è la squallida e miserevole percezione - regna in tutti i contesti della vita pubblica nazionale, mentre una marcata ed inquinante fumata nera si sprigiona dal nostro territorio nazionale offuscando l'orizzonte del Paese, che continua a galleggiare in acque molto torbide.
"La politica doveva avere il coraggio di fare di più", si sente commentare a seguito dell'approvazione della Legge di stabilità. La politica ha il dovere di fare solo e sempre il suo "dovere". Solo, sempre ed esclusivamente negli interessi dello stato, pretendiamo noi cittadini.
Ma siamo, noi cittadini italiani, veramente consapevoli del nostro ruolo e vogliamo davvero responsabilmente ed adeguatamente esercitarlo? Senza sottrarci al civico dovere di esercitare una sana autocritica, oltre alla legittima consapevolezza delle responsabilità altrui, possiamo essere effettivamente soddisfatti di come lo esercitiamo e certi di contribuire in modo pregnante e costruttivo al progresso civile della nostra società?". (aise)