L’articolo di Jan Fleischhauer dal titolo “Omissione di soccorso all’italiana” mi ha lasciato basito e adirato. Certamente sostengo la libertà di critica, ma gli argomenti di quell’articolo sono per l’Italia tanto offensivi quanto infondati. Mi sorprende che un così rinomato giornale come Spiegel Online dia spazio ad affermazioni così volgari e banali.
Rammarica soprattutto il fatto che il giornalista, accanto a tanti luoghi comuni, metta sullo stesso piano, senza riguardi, la responsabilità di un singolo individuo e quella di un intero popolo. Comprendo il desiderio di Spiegel Online di scrivere qualcosa di politicamente scorretto, ma in questo caso si tratta di una provocazione gratuita che io, anche in nome dei miei concittadini che hanno espresso il loro sdegno nei confronti dell’articolo, rispedisco al mittente. Perché in questa questione vengono tirati in ballo tutti gli italiani?
Il signor Fleischhauer non ha notato che, lì oltre al capitano della „Costa Concordia“, tra l’altro oggetto di un’indagine penale, c’erano istituzioni e persone che hanno fatto del loro meglio per salvare vite umane e limitare i danni della tragedia? Ed è proprio convinto della inaffidabilità di un’intera nazione? Non ha mai incontrato nessuno, come ad esempio i lavoratori italiani che ho incontrato nei giorni scorsi a Wolfburg, che svolge il proprio lavoro con dignità e dedizione ottenendo apprezzamento generale?
Consiglio al signor Fleischhauer di lasciar perdere generalizzazioni basate sulla razza. Sono cose di ieri che nessuno rimpiange. Si rilassi e venga a trovarci in Italia. Troverà un paese ospitale, capace di uno slancio sorprendente da parte di singoli individui e di un’intera comunità, un paese che cerca di reagire ai pregiudizi con il sorriso senza improvvisare strani tribunali.
Cordiali salutiMichele Valensise
Ambasciatore della Repubblica Italiana
Testata: Der Spiegel Online
Autore: Jan Fleischhauer
Data di pubblicazione: 23 gennaio 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli e Isabella Rossi per italiadallestero.info
Siamo sinceri: qualcuno si è meravigliato che il capitano coinvolto nella tragedia della Costa Concordia fosse italiano? Qualcuno riesce ad immaginare che un capitano tedesco o, meglio ancora, uno britannico avrebbero potuto compiere una tale manovra, comprensiva di omissione di soccorso?
Un personaggio così lo si conosce in vacanza al mare. E’ un uomo dalle azioni plateali e che gesticola mentre parla. In linea di massima si dimostra innocuo, ma non lo si dovrebbe fare avvicinare troppo ai macchinari pesanti. Fare “bella figura” si chiama lo sport nazionale italiano che consiste nel dare una buona impressione di sé. Anche Francesco Schettino voleva fare bella figura, ma si è trovato in mezzo uno scoglio.
D’accordo, questa era una mossa davvero scorretta. Abbiamo da tempo perso l’abitudine di mobilitare stereotipi culturali nei giudizi espressi nei confronti dei nostri vicini. E’ considerato un modo retrogrado o, peggio ancora, razzista (anche se, tanto per rimanere in tema, non è del tutto chiaro fino a che punto l’italianità possa già di per sé costituire una razza).
Il carattere nazionale è un po’ come le disparità fra i sessi. Anche se sono state abolite da tempo, nella vita quotidiana ci andiamo a sbattere continuamente contro. Basta trascorrere un solo pomeriggio all’asilo per mettere in discussione tutto ciò che la pedagogia illuminata ci ha insegnato sulla costruzione sociale del genere maschile e femminile. Effettivamente c’è tutto un mercato clandestino che campa in maniera più che discreta sulla differenza tra Marte e Venere e su come affrontarla. A tale istruzione per l’uso fa da pendant la guida turistica che ci introduce nelle caratteristiche proprie, e quindi nella tipicità, di una cultura straniera.
In qualche modo, almeno mediaticamente, continua a nascondersi in noi l’unno
Sono soprattutto i tedeschi ad avere un problema con le attribuzioni culturali. Per esempio gli inglesi ci considerano da sempre non particolarmente dotati di senso dell’umorismo, nonostante anni di satira e cabaret di artisti importanti come Mario Barth, o Achtung Kabarett, Hagen Rether. I francesi, invece, prendono in giro la cucina britannica e i belgi la presunta avarizia degli olandesi.
Noi conosciamo il carattere nazionale solo in senso negativo, come autoaccusa. Appena saltano fuori da qualche parte un paio di ragazzi che sbraitano stupidità, imperversa sulla stampa il sociologo ed esperto in conflitti Wilhelm Heitmeyer, e spiega perchè la pace sociale sia in pericolo (“situazione esplosiva”) e che incombe una ricaduta.
In un modo o nell’altro, fino ad oggi è rimasto in noi l’unno che aspetta solo di tornare a battersi. E stranamente funziona sempre.
Non occorre scomodare la genetica, per arrivare alla conclusione che le nazioni si distinguono tra loro. Esistono infatti motivi climatici e anche la lingua ha la sua importanza. Normalmente questo è secondario, ma nessuna politica dovrebbe basarsi sulla considerazione che le frontiere conservano il loro significato solo in senso figurato. Cosa può succedere quando per motivi politici si trascura la psicologia dei popoli, lo evidenzia la crisi monetaria, che in questi giorni abbiamo perso di vista solo perchè “l’uomo nel castello” ha accentrato tutta l’attenzione su di sé. Lo scoglio davanti alla nave qui sono i tassi d’interesse del mercato.
Difetto congenito dell’euro? La camicia di forza per culture diverse
Se ora dappertutto si parla delle diverse capacità di prestazione dei paesi, allora questo è un modo pulito per affermare che alcuni stereotipi hanno, invece, la loro fondatezza. Il difetto congenito dell’euro è stato racchiudere così tante diverse culture economiche nella camicia di forza di un’unica moneta. Per riconoscere che la cosa non poteva funzionare non era necessario aver studiato economia politica, sarebbe bastata una visita a Napoli o nel Peloponneso. Adesso si cerca disperatamente una soluzione. La risposta della cancelliera è che tutti diventino come noi. Si vedrà come andrà a finire.
Le nazioni possono cambiare. Questa, volendo, è la consolazione. Gli italiani duemila anni fa dominavano su un impero che si estendeva dall’Inghilterra all’Africa. I tedeschi, nel frattempo, hanno difficoltà a garantire il traffico ferroviario quando c’è troppa neve e ghiaccio. Talvolta ci vuole, infatti, molto tempo per sfatare alcuni stereotipi. A volte più di una generazione.
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