25 giu 2011

GENTE D’ITALIA/ DIECI ETERNI E FALSI LUOGHI COMUNI SUGLI ITALIANI ALL’ESTERO

– DI SILVANA MANGIONE Venerdì 24 Giugno 2011 14:37 MONTEVIDEO\ aise\ -

"La preparazione al referendum con il lancinante tam-tam: quorum sì, quorum no, ha riportato alla ribalta, in maniera sempre più negativa, gli italiani all’estero. Votano? Non votano? Perché votano? Come votano? Perché dovrebbero avere diritto di votare su cose "che non li riguardano"? Sfatiamo insieme le false affermazioni ricorrenti". A scrivere è Silvana Mangione, vicesegretario del Cgie per i Paesi anglofoni extra Ue che sul numero di oggi della "Gente d’Italia", quotidiano delle Americhe diretto da Mimmo Porpiglia, sintetizza in 10 punti i falsi luoghi comuni sugli italiani all’estero e il loro voto.

"1. "La legge Tremaglia ha dato agli italiani all’estero il diritto di voto". Falso.

Tutti i cittadini italiani, ovunque si trovino, hanno diritto di voto in base alla Costituzione italiana, art. 48, comma 1: "Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età". La modifica costituzionale degli articoli 48, 56 e 57 della Costituzione ha garantito agli italiani all’estero non il diritto, che già avevano, ma l’esercizio del diritto di voto in loco, per l’elezione dei propri rappresentanti diretti alla Camera e al Senato;

2. "Gli italiani all’estero non hanno diritto di votare al referendum". Falso. L’art. 75 della Costituzione, comma 2, recita: "Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati", secondo i già citati artt.48, comma 1 e 56.

3. "Gli italiani all’estero non sono interessati alle decisioni sull’acqua, il nucleare il legittimo impedimento" e così via. Falso.

Gli italiani all’estero hanno proprietà e famiglie in Italia e interesse al buon nome e alla buona immagine dell’Italia nel mondo, pertanto vogliono partecipare alle decisioni che riguardano il loro Paese.

4. "Gli italiani all’estero non pagano le tasse". Falso.

Gli italiani all’estero pagano le tasse su tutti i loro redditi italiani, sui conti bancari, sulla casa che possiedono, anche se non è affittata, sulla spazzatura per l’intero anno anche se se vi abitano in Italia soltanto per un mese, nonché tutte le altre applicabili tasse.

5. "No representation without taxation". Falso.

Lo slogan degli insorti americani era il contrario: "No taxation without representation", vale a dire non si può imporre il pagamento delle tasse a chi non ha voce in Parlamento, il luogo in cui tali tasse vengono decise. Ergo i cittadini italiani all’estero hanno diritto alla propria rappresentanza.

6. "Gli italiani all’estero salassano il sistema di previdenza e assistenza sociale italiano". Falso.

Gli italiani all’estero ricevono la pensione soltanto se hanno versato i contributi necessari per il tempo stabilito, che è andato aumentando progressivamente e pesantemente da vent’anni a questa parte. Non hanno diritto all’assegno sociale, perché risiedono all’estero. Gli scarsi interventi di assistenza, necessari in alcuni Paesi in crisi economica, rispondono ai dettami dell’art. 2, comma 1: "La Repubblica... richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" e dell’art. 32, comma 1, della Costituzione: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo .. e garantisce cure gratuite agli indigenti".

7. "L’Italia fuori d’Italia non esiste". Falso.

L’Italia fuori d’Italia esiste eccome e continua a contribuire in modo notevole alla bilancia dei pagamenti italiana in modo diretto o indiretto. Il voto all’estero ha rinsaldato il rapporto con l’Italia dei cittadini italiani che hanno potuto finalmente esercitare il primo e fondamentale diritto di cittadinanza: votare ed essere rappresentati. Ad esempio, la Francia ha deciso di imitare l’Italia e far eleggere dai suoi 1.1 milioni di francesi all’estero 11 deputati: uno ogni 100.000 cittadini, con lo stesso rapporto numerico stabilito dalla Costituzione francese per i deputati eletti in Francia.

8. "L’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani all’estero deve essere limitato a 10 anni di assenza dall’Italia perché in questo caso voterebbero per le circoscrizioni d’origine e soltanto coloro che hanno ancora con la madrepatria stretti legami di affetti e di interesse". Falso.

Perché ci sono "emigrati" da pochi anni che non hanno nessun desiderio di interagire con il Paese da cui hanno dovuto allontanarsi per sopravvivere a qualunque livello ed altri che vivono all’estero da decine d’anni e hanno con l’Italia un rapporto strettissimo.

Il legame con l’Italia non è inversamente proporzionale ai tempi di emigrazione, ma direttamente proporzionale alle abitudini all’esercizio della democrazia e dei diritti di cittadinanza, rafforzati anche attraverso le abitudini assorbite nel paese di residenza. È sufficiente applicare un meccanismo di opzione, per cui chi desidera votare rimanendo all’estero deve farne richiesta ufficiale in modi da fissare per legge.

9. "La legge Tremaglia ha prodotto un corpo elettorale di più di tre milioni di persone". Falso.

Il corpo elettorale di più di tre milioni di persone è sempre esistito: molto semplicemente, per votare il cittadino doveva tornare in Italia a sue spese. Dall’Europa venivano organizzati pullman e treni speciali. Dal lontano estero ciò diventava molto più difficile a causa delle distanze e dei costi non soltanto di viaggio, ma anche di assenza dal lavoro. In questo modo si era creata una plateale discriminazione che infrangeva il principio di uguaglianza e di non dipendenza del voto dal "censo" sancito dalla Costituzione.

10. "La legge elettorale per gli iscritti all’AIRE non funziona". Falso.

Non è la legge che non funziona. Non funziona in parte l’applicazione della legge: il mancato allineamento dell’AIRE agli schedari consolari e la mancata adozione di accorgimenti di semplificazione e certificazione del plico elettorale. A questi problemi, facilmente risolvibili, si aggiungono le tirature gonfiate ad arte dei giornali per gli italiani all’estero e l’insufficiente diffusione e programmazione di RAI Internazionale, che insieme dovrebbero informare gli elettori, nonché lo scarso sostegno a fonti d’informazione alternative e crescenti quali radio e televisioni locati e internet.

In conclusione, qualsiasi disconoscimento o limitazione del diritto primario di ogni cittadino con la cancellazione dell’esercizio del diritto di voto in loco con rappresentanza diretta costituirebbe un grave colpo dal quale il rapporto dell’Italia con la rete delle presenze dell’Italia all’estero non riuscirebbe a risollevarsi, con gravi danni all’economia italiana, già in difficoltà". (aise)

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