10 lug 2012

MAFIA: MOROSINI, GARANTIRE DIRITTI ANCHE A CARCERATI





(ANSA) - REGGIO CALABRIA, 10 LUG - ''Ragioniamo su quello che e' il vero problema del nostro Paese che non e' solo la criminalita' organizzata ma la necessita' di vivere in societa' dove certi diritti fondamentali sono garantiti a tutti, anche ai carcerati. Il 41 bis e' effettivamente un problema, al di la' di quali possano essere gli interessi della criminalita' di stampo mafioso''. Lo ha sostenuto il Gip di Palermo, Piergiorgio Morosini, segretario nazionale di Magistratura Democratica, intervenuto alla quarta serata di ''Tabularasa -
 
 
La frontiera'', in piazza Italia, a Reggio Calabria dedicata dagli organizzatori, Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, alla ''fine dell'innocenza'', tra piazza Fontana, il caso Moro e le stragi del '92. ''Guardate che gli USA - ha aggiunto Morosini - non estradano in Italia i boss mafiosi perche' il 41 bis da loro viene assimilato alla tortura. Alcuni parlano di tortura democratica. Il regime carcerario del 41 bis e' un regime terribile, dove il rispetto del diritto umanitario e' veramente a forte rischio: noi dobbiamo interrogarci sugli effetti di sistema che l'azione antimafia ha portato nel nostro Paese. Noi rischiamo di essere un Paese e un'istituzione che a forza di guardare negli occhi il mostro-mafia, il mostro-'ndrangheta, il mostro-camorra, rischia di diventare lui stesso il mostro. Quando potremo parlare in maniera seria, serena, pacata del nostro regime carcerario vorra' dire che saremo diventati davvero un paese maturo''. ''L'Italia perde la sua innocenza con la strage di piazza Fontana - ha affermato il giornalista Sandro Provvisionato - ma la perdita e' avvenuta molto prima: non e' che l'Italia prima di piazza Fontana sia stato il paese dei campanelli. Era gia' un Paese compromesso. Percio' non e' importante quando perse l'innocenza ma sapere che questo e' stato un paese abusato, irretito in tanti momenti. Piazza Fontana e' il momento eclatante: la strage si afferma come lo strumento politico''. Il giornalista dell'Ansa Paolo Cucchiarelli, autore del volume ''Il segreto di piazza Fontana'' che ha poi ispirato il film di Marco Tullio Giordana ''Romanzo di una strage'' non ha dubbi: ''L'Italia e' un Paese che non sa liberarsi del suo passato e, soprattutto, non lo sa raccontare. L'attentato di piazza Fontana e' stato un atto di puro terrorismo per fini politici. E l'impressione netta era che ci fosse una regia, una logica di una giornata pensata. Piazza Fontana e' piu' un segreto politico che giudiziario. La strage e' il piu' politico dei reati, semina morti per ottenere un risultato. Con quella bomba l'Italia non ha perso l'innocenza ma l'ingenuita'''. Cucchiarelli ha illustrato i fatti di ''una storia incredibile dal punto di vista processuale anche se non si e' mai arrivati a capire cosa fosse accaduto veramente. Piazza Fontana non e' stato un atto di terrorismo ma di intelligence. L'obiettivo della strage era essere detonatore di una minaccia politica. Le stragi sono dei fatti di intelligence che vengono programmate, ipotizzate e poi realizzate''. La discussione ha poi registrato un momento di svolta attorno al caso-Moro, in merito al quale Provvisionato ha sottolineato come ''del sequestro lo sapeva mezza Roma. Non sapevano cosa sarebbe successo quel giorno, ma sapevano che sarebbe successo qualcosa. Le BR sono state un incidente della storia, nel senso che serviva che qualcuno lo facesse''. Ma l'affondo su questo punto e' toccato nuovamente a Morosini. ''Come facciamo a dire - si e' chiesto il magistrato - che la mafia e' antistato se il covo di Riina dopo la cattura non e' stato perquisito per 18 giorni e quando sono arrivati erano stati imbiancati pure i muri? Come facciamo a dirlo se abbiamo lasciato Provenzano latitante in Sicilia per 43 anni? Il golpe Borghese dimostra come nei progetti eversivi ci sia sempre lo zampino della criminalita' organizzata. Cosa Nostra ebbe un ruolo importante: creare la strategia della tensione. E l'ascesa dei corleonesi in qualche modo venne non ostacolata perche' erano funzionali da altro. In ogni momento di fibrillazione della democrazia del nostro Paese c'e' sempre la partecipazione dei professionisti della violenza''. (ANSA).
 
 

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