Grande successo della 16°edizione delle giornate di Hannah Arendt: liberalizzando amori proibiti, tra politica e economia, resta ugualmente incisivo il campo d’azione del cittadino nella realtà.
Il tema resta avanguardista, nascosto in un motto elegante: „Amore proibito? La relazione tra economia e politica“.
Chi ne conosceva il titolo soltanto a metà sorrideva già, pensando di passare delle ore leggiadre sulla relazione amorosa tra la giovane filosofa ebrea e il suo maestro simpatizzante di destra. E in verità Hannah Arendt non ha soltanto il merito di avere scritto tanto, ma anche di essere la musa di „L’essere e il tempo“. E la signora Heidegger sapeva anche di questo.
Viviamo in un tempo buio, in cui ci sono ancora meno certezze dei tempi in cui viveva mio nonno e combattendo a Vittorio Veneto sapeva contro chi si batteva e quanto fosse importante la sua presenza lì.
Noi, a soltanto cent’anni di distanza, non sappiamo contro chi combattiamo e neppure se ciò che facciamo è al 100% giusto, in un paio d’anni si potrebbe scoprire che non abbiamo capito nulla, ci siamo impegnati dalla parte sbagliata.
Lo sguardo sul bene comune risulta in più modi offuscato: leggi non scritte, costituzione materiale opposta a quella formale, esempi di democrazia interna nei partiti e di potere informale, matrimoni nascosti tra organi di diritto pubblico e imprese private, tra politica e scienze naturali, doppi bilanci di aziende pubbliche che dovrebbero funzionare non-Profit, ma vengono allenate al profitto più selvaggio nell’aquirire/gestire finanziamenti dall’industria, Fondazioni che favoriscono gli attori più forti...In clima di permissivismo totale, senza regole morali e senza valori, il progresso si inceppa, si mette lui stesso lo sgambetto, i processi complessi bloccano tutto. Che senso ha permettere tutto se dopo lavori faticosi e senza senso di anni con enormi sprechi di risorse poi si viene bloccati e si ritorna ancora più indietro del livello di comprensione e partecipazione politica dei nostri nonni? Machiavellismo (qui Machiavelli presta soltanto il suo nome, ci direbbe Bernhard Taureck) crea processi complessi, blocca lo sviluppo, costa alla società un disperpero enorme di beni comuni.
E come un malato senza una terapia, i nostri politici si insabbiano a voler risolvere i processi complessi dal di sopra, non capendo che vengono originati da infrazioni morali e scelte politiche sbagliate. Senza morale scattano le sanzioni giuridiche, se non si capisce che non si devono ascoltare le telefonate altrui bisogna proibirlo, se ci si appropria di diritti d’autore questi non possono essere messi sul mercato e via dicendo. Se potessimo quantificare il costo del permessivismo machiavellico arriveremmo a cifre enormi, che ci dimostrerebbero che potremmo veramente vivere tutti bene su questo pianeta se Caino non ammazzasse ogni giorno Abele per una settimana di vacanza in più, o qualche altro bene superfluo.
Dopo questa premessa che riguarda quello che pensa e capisce il cittadino medio andiamo a vedere cosa dicono gli esperti.
Il nuovo sindaco di Hannover Stefan Schostock ha ricordato che economia e politica hanno bisogno l’uno dell’altro non discostandosi dal discorso del vescovo Meister di Hannover nell’anniversario di Leibniz, pochi giorni prima.
Il moderatore Stephan Lohr ha iniziato il congresso con un’osservazione, fino a qualche tempo fa, „proibita“. Ha affermato che lo stato secolarizzato vive parassitariamente di premesse di cui non può assicurare la nascita e l’esistenza. E ha anche fatto un riferimento al bene comune del „luogo“, alla scomparsa/distruzione dello spazio pubblico, forse rifacendosi agli studi di Augé. Ciò aumenta l’influsso delle Lobby, delle aziende private sulla politica e anche il mercato dei Media ma la democrazia ne soffrirebbe.
La signora Birgitta Wolff ha tenuto la prima relazione parlando, della sua esperienza passata di Ministro dell’economia e della scienza in Sachsen-Anhalt. Ha messo in risalto la gerachia della distribuzione di fondi per i progetti: 1) l’imperativo della necessità del momento per lo sviluppo del mercato del lavoro in una regione (motivo economico), 2) le promesse politiche fatte in campagna elettorale (motivo politico); 3) in ultimo il criterio qualitativo e d’innovazione (motivo politico). Come gli incentivi dei Gender-Studies siano svantaggiosi per le donne, che puntando sulle borse di studio a cui hanno un più facile accesso in quanto risevate alle donne, rinunciano a quelle meglio dotate per ambo i sessi, con la conseguenza dopo si devono accontentare anche di impieghi peggio pagati.
Di che libertà gode la politica? La Wolff ha risposto con Hannah Arendt: la politica è libera se assicura la conservazione della specie umana e la vita. Weber e Luhmann vedono, seppur in modo diverso, come i politici si sottomettano all’imperativo della necessità e badino alla sopravvivenza soltanto della loro classe.
La studiosa ha affermato che per localizzare la libertà bisogna trovare regole di gioco che regolino l’agire quotidiano (Christian Wolff) e il discorso sulle regole (Max Weber). Ha ricordato il discorso per la distribuzione dei flauti in Amartya Sen (Die Idee der Gerechtigkeit).
Nonostante i riferimenti alla prassi si ha l’impressione di un discorso sui discorsi delle regole e di perdere la ricerca della realtà e dei valori su cui si deve fondare la politica.
Diversamente si è comportato lo studioso dell’università antroposofica Witten/Herdecke Birger Priddat, che da una parte ci ha rapiti in viaggio al di sopra dei confini delle discipline economiche e politiche, ci ha fatto notare le trasversalità e ha messo in rilievo che non le regole ma l’atteggiamento dello studioso e del cittadino di fronte alla realtà deve essere dinamico, maturo. Anche un economista keynesiano grazie alla formazione permanente può cambiare e reagire appropriatamente in un mercato economico che fa politica e in una politica gestita da operatori economici.
Quindi lo studioso Priddat incarnava il modello, che senza saperlo, ricervava la signora Wolff quando si lamentava della mancanza di fantasia e del disinteresse dei politici di oggi.
Secondo Priddat un cambiamento delle regole secondo cui gira il mondo deve portare a un cambiamento delle risposte di politici, economisti, aziende. Ai tempi in cui si studiava Keynes vigevano alcune regole: gli economisti erano un’élite, i bilanci erano in equilibrio, le banche centrali erano indipendenti, il proprietario era responsabile. Oggi il mondo gira diversamente: le banche fanno gli affari propri con soldi altrui e non rispondono delle loro azioni, quelle che più si rovinano vengono aiutate, le banche centrali fanno politica. E i cittadini pur allontanandosi dalle urne, dalle elezioni politiche, danno il loro voto democratico e politico nel campo dell’economia: acquistando e diventando operatori economici.
Lo Stato non sta più tra cittadino e economia, il cittadino incide trasversamente sull’economia, evitando lo Stato, che il mercato delle finanze ha reso inutile.
I cittadini votano direttamente la loro economia. Questa è una forma silenziosa di democrazia diretta (Co-Government). E i politici vengono evaluati nell’economia, vengono osservati, agiscono troppo lentamente.
Priddat ci sorprende con le seguenti riflessioni: il denaro è un bene comune, pubblico, non lo si può lasciare alla banche, e l’economia è molto di più che ottimizzazione dei profitti. Parla di Democrazia reciproca, un concetto coniato da lui.
Attraverso problemi complessi la società civile fa scelte politiche, contribuisce a una democrazia economica: si sceglie attraverso la scelta di mercato.
Mette in guardia dal condannare in toto le Lobby, perché certe volte soltanto lì si trovano esperti e i politici sono abbandonati a decidere su cose che non conoscono.
Citando le ricerche di Francis Fukuyama, Priddat riconosce al cittadino ampie possibilità di incidere in politica.
Abbiamo quindi un campo molto più ampio di partecipazione politica della scelta tra BMW e VW, al confronto di quella di prima tra ghibellini e guelfi.
Consoliamoci e speriamo, anche questa è un’energia positiva.
Assunta Verrone
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