Cari tutti,
siamo col fiato sospeso per l’aggravarsi della situazione finanziaria e sociale nelle ultime settimane, lo spettro della recessione, soprattutto nella zona euro, e di fronte a fenomeni allarmanti come un “fallimento pilotato” di Dexia.
A questi aspetti negativi fanno da riscontro solo poche “buone notizie” e tra queste certamente possiamo annoverare l’approvazione da parte della Slovenia del Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria, che ha portato a compimento le decisioni del Consiglio del 21 luglio, dimostrando ancora una volta come il meccanismo intergovernativo sia troppo lungo per essere efficace di fronte a situazioni di emergenza che richiedono attuazioni rapide
Da molte parti, vorrei dire da tutte le parti, economisti e imprenditori compresi, si sostiene come sia essenziale, per governare l’uscita dalla crisi, avere un’Europa politica, avere un “governo europeo” decisionale e forte, ma tale consapevolezza si scontra amaramente con la mancanza di volontà politica degli attuali leader europei di compiere davvero questo passo, superando l’orizzonte degli interessi nazionali.
A livello di istituzioni europee i lavori sono in corso, faticosamente e non senza contraddizioni.
Anche sotto la spinta incalzante del Parlamento, con un’azione che vede tutti i maggiori gruppi in prima linea, S&D, PPE, Verdi e ALDE, la Commissione ha licenziato una comunicazione “Una tabella di marcia per la stabilità e la crescita nell’Unione europea”, che è la base di discussione del futuro Consiglio Europeo del 23 ottobre, che dovrà adottare le decisioni che dalla tabella discendono.
La proposta più forte è quella legata alla capitalizzazione delle banche europee, che oggi in alcuni casi presentano una forte debolezza e quindi possono essere oggetto a loro volta di attacchi speculativi, come lo sono i bilanci degli Stati.
Su questo punto desidero subito esporvi le osservazioni che il nostro Gruppo ha fatto con particolare sottolineatura nel corso dell’approvazione della risoluzione che ha accompagnato il dibattito della scorsa settimana, che vi allego.
Noi sosteniamo infatti che, se l’obiettivo di ricapitalizzare le banche è giusto, questo va accompagnato da alcune condizioni ben chiare, cioè la ricapitalizzazione deve servire a rendere disponibili risorse che gli istituti bancari si devono impegnare a destinare al sostegno alle PMI e al mondo produttivo, è necessario vietare la distribuzione dei benefit e una parte dei profitti deve andare agli Stati.
La Commissione presenta nella road map cinque aspetti interdipendenti sui quali è necessario agire congiuntamente e rapidamente.
Queste le cinque azioni prioritarie:
1) intraprendere un’azione decisiva sulla Grecia per assicurare sostenibilità economica del paese, sbloccando il pagamento della sesta tranche, con un secondo programma di aggiustamento basato su finanziamenti adeguati con la partecipazione del settore pubblico e del settore privato
2) completare gli interventi relativi all’area dell’euro, rendendo operative le decisioni adottate il 21 luglio 2011, massimizzando l’efficacia del fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF), anticipando alla metà del 2012 il varo del meccanismo europeo di stabilità e facendo in modo che la Banca centrale europea metta a disposizione un volume sufficiente di liquidità;
3) adottare un approccio coordinato per rafforzare le banche europee, che potrebbe essere basato su una rivalutazione effettuata dalle autorità di vigilanza ricorrendo ad un coefficiente patrimoniale temporaneo più elevato, costituito da capitale di qualità elevata al netto delle esposizioni. Le banche dovrebbero ricorrere primariamente a fonti private di capitali, mentre i governi nazionali fornirebbero sostegno solo in caso di necessità. Qualora ciò non fosse possibile, la ricapitalizzazione dovrebbe essere finanziata mediante un prestito del FESF. In caso di ricapitalizzazione le autorità nazionali di vigilanza vieterebbero alle banche la distribuzione di dividendi e premi;
4) accelerare le politiche per la stabilità e la crescita attraverso la rapida attuazione degli impegni assunti in materia di servizi, energia e accordi di libero scambio e la rapida adozione delle proposte già previste a favore della crescita, quali le iniziative in materia fiscale e quelle volte a estendere i vantaggi del mercato unico, e investimenti mirati a livello di Unione europea, anche mediante i cosiddetti project bond;
5) creare per il futuro una governance economica forte e integrata sulla base del vigente trattato (articolo 136), rafforzando l’approccio comunitario. Sulla base del pacchetto potenziato sulla governance economica e del semestre europeo, già approvati, le proposte mirano a integrare il meccanismo europeo di stabilità e il patto di stabilità e crescita in un unico sistema integrato di governance. Ciò conferirebbe nuovi poteri alla Commissione e al Consiglio per intervenire nell’elaborazione dei bilanci nazionali e monitorare la loro esecuzione.
Le prossime tappe saranno dunque al Consiglio europeo e al vertice dell’area dell’euro che si terranno il 23 ottobre 2011, dove la tabella di marcia verrà discussa.
In questo momento a livello europeo assistiamo a un rilancio dell’”approccio comunitario”, vale a dire una vigorosa ripresa di ruolo da parte della Commissione, che dovrebbe essere l’organo principalmente responsabile della governance, spostando dal Consiglio quello “strapotere” che per alto oggi è giocato solo da pochi Stati (due), lasciando ai margini gli altri Paesi come comprimari.
In quest’ottica anche il Parlamento europeo rivendica ed è pronto a gestire un ruolo più forte come istituzione rappresentativa dei cittadini e quindi come garanzia della democraticità di questi processi e delle scelte relative.
Un saluto cordiale,
Patrizia Toia
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