1 ott 2011

GOVERNO, LA CAMERA RESPINGE LA MOZIONE DI SFIDUCIA SU ROMANO

(NoveColonne ATG) Roma - La Camera ha respinto (294 sì e 315 no) la mozione di sfiducia presentata da Idv e Pd nei confronti del ministro dell'Agricoltura Francesco Saverio Romano, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il dibattito che ha preceduto la votazione nominale, quindi palese, è stato molto accesso e ci sono stati diversi momenti di tensione, in particolare quando, subito dopo la dichiarazione di voto del Carroccio, alcuni deputati di Fli hanno esposto dei cartelli con su scritto “Alla faccia della Lega-lità” insieme a copie della vignetta di Vauro sul “Porno Stato” pubblicata sul “Fatto quotidiano”, mentre l'Italia dei valori ha mostrato un cartello in cui era scritto: “Slegati. Lega poltrona. La Lega assolve i corrotti, i piduisti ed i mafiosi che siedono in Parlamento. La Lega condanna gli artigiani, le piccole imprese, i lavoratori e i giovani precari”. Immediata la reazione dei deputati del Carroccio, naturalmente, con il presidente della Camera Gianfranco Fini che continuava i suoi richiami all'ordine, minacciando di sospendere la seduta. Uscendo dall'aula al termine delle dichiarazioni di voto Fini ha commentato: “Per l'esperienza che ho, mi sembra si sia aperta la campagna elettorale”. Tra i banchi del governo questa volta, al contrario di quanto accaduto al momento del voto su Milanese era presente anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, mentre il leader della Lega Nord Umberto Bossi era seduto proprio accanto a Romano. Nel suo intervento nell'aula di Montecitorio prima del voto il ministro dell'Agricoltura si è prodotto in un'accorata difesa del suo operato (“Io e i miei familiari siamo incensurati per sette generazioni”), accusando media e magistratura. I primi responsabili di “una campagna di aggressione che non auguro a nessuno, e che ha riguardato me, la mia comunità politica, i miei familiari, spesso con grossolane inesattezze”. Quanto ai magistrati, il ministro dell'Agricoltura ha affermato: “Quello che un tempo era l'ordine giudiziario è diventato centrale nella vita democratica del nostro Paese, ha soverchiato il Parlamento, ne vuole condizionare le scelte”. “Non possiamo tenere un Parlamento sotto il ricatto delle inchieste giudiziarie”, ha sentenziato Romano, sottolineando che “non è la prima volta che accade: è accaduto quando c'era al governo Berlusconi nel 1995 ed è caduto attraverso un'iniziativa giudiziaria, così come è accaduto per il governo Prodi”.

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