(NoveColonne ATG) Roma - Sempre di più, meglio pagati e con rapporti di lavoro più stabili. E' questa la fotografia fatta dall'Istat del fenomeno della cosiddetta "fuga dei cervelli", che il presidente Enrico Giovannini ha illustrato lo scorso 13 giugno durante la sua audizione al Comitato per le questioni degli italiani all'estero del Senato.
Nella sua relazione Giovanni ha messo in evidenza come "dal 2001 al 2010 l'incidenza dei cittadini laureati sul totale degli espatri è raddoppiata dall'8,3% al 15,9%". Inoltre, in base all'indagine campionaria svolta dall'istituto di statistica nel 2011 sull'inserimento professionale dei laureati nel 2007, 6.300 di loro ha dichiarato di vivere abitualmente in un altro Paese, "pari al 2,1% dei laureati di cittadinanza italiana". Di questi il 25,1% hanno concluso gli studi nell'ambito dell'area umanistica, il 20% in quella scinetifica, mentre solo il 3% in quella giuridica e medica. In particolare tra i laureati "originari" del Nord Italia a vivere abitaualmente all'estero sono il 2,5%, 2,1% quelli del Centro mentre solo l'1,6% proviene da regioni del Mezzogiorno. Le principali mete di destinazione sono Paesi europei (Regno Unito, Spagna, Francia, Germania e Svizzera), che raccolgono oltre il 60% di presenze, mentre al di fuori dell'Europa ci si reca soprattutto negli Stati Uniti. I laureati che hanno un posto di lavoro sono il 64% (il 10,9% è in cerca di un occupazione mentre il 24,1% non lavora né lo cerca). E quelli che lavorano "risultano impegnati in maniera maggiore" rispetto quelli rimasti in Italia "in lavori continuativi alle dipendenze, sia in posizioni a tempo indeterminato che con contratti a tempo determinato (circa 80% contro quasi il 68%), meno diffusi appaiono, invece, i lavori autonomi e quelli di tipo occasionale/stagionale". Più della metà sono direttori, dirigenti e specialisti nelle professioni intellettuali (percentuale che per quelli rimasti in Italia si ferma al 42%). Ma soprattutto i laureati che vivono all'estero e che svolgono un lavoro continuativo a tempo pieno "guadagnano mediamente di più di quelli, nelle medesime condizioni, che nel 2011 vivono abitualmente in Italia", con una differenza di "oltre 540 euro" rispetto al guadagno medio mensile netto.MICHELONI (PD): POLITICA NON HA COLTO L’OPPORTUNITA’ DEL COLLEGIO ESTERO
(NoveColonne ATG) Roma - “Il testo approvato dalla Commissione propone la riduzione del numero dei parlamentari del collegio estero, una scelta che condivido ma che mi appare poco applicabile nelle modalità riportate nel testo. Per questo motivo ho presentato tre emendamenti, su cui vorrei attirare l'attenzione del relatore Vizzini, uno dei quali contiene un ragionamento di fondo, ossia che i parlamentari eletti nel collegio estero siano integrati nel numero complessivo dei parlamentari del Parlamento italiano. Nello specifico, nell'emendamento chiedo che se il numero totale dei senatori ammonta a 250, i senatori eletti nel collegio estero siano compresi in tale numero. Dunque, diamo un ulteriore contributo alla riduzione. Spero che in Aula almeno uno di questi emendamenti verrà accolto”. Così il senatore Claudio Micheloni (Pd) nel suo intervento in aula sul collegio estero (ddl cost. nn. 24 e connessi - riforma del parlamento e forma di governo) lo scorso 13 giugno. Il senatore Claudio Micheloni nel suo intervento pronunciato mercoledì mattina in Aula del Senato nel corso del dibattito sulla riforma costituzionale ha ribadito l'importanza del Collegio estero, ricordando l'apporto degli emigranti allo sviluppo economico dell'Italia. Micheloni ha poi fortemente stigmatizzato gli emendamenti presentati in Senato per sopprimere il voto degli italiani all'estero. “Il motivo principale che mi ha indotto ad intervenire – ha detto Micheloni - è che sono stati presentati circa 15 emendamenti con cui si chiede la soppressione del collegio estero”. “Un secondo motivo – ha aggiunto - che trovo alla base di questi emendamenti soppressivi è da rintracciare probabilmente nel fatto che noi diciotto parlamentari eletti nella circoscrizione Estero (6 senatori e 12 deputati) in queste legislature non abbiamo brillato per le nostre attività e le nostre azioni. Non do lezioni a nessuno, mi prendo la mia quota di responsabilità: probabilmente abbiamo sbagliato ad integrarci eccessivamente nella politica e nei metodi di lavoro italiani, non facendo leva sulle nostre esperienze fatte in altre culture politiche e in altri Paesi”. “Il terzo motivo è quello che mi preoccupa di più – continua l’esponente del Pd - : la visione estremamente provinciale della politica che vive nelle Aule del Parlamento italiano”. “Questo Paese e questa politica – conclude - non sono stati invece capaci di cogliere l'opportunità che rappresentava il collegio estero, di cogliere l'opportunità dello strumento che può rappresentare per la politica di questo Paese, per la politica internazionale, per lo sviluppo economico, per la promozione del nostro Paese”. “Per la mia funzione – ha dichiarato in aula Micheloni - passo tre giorni qui a Roma, altri tre giorni li passo in giro per il mio collegio e per l'Europa. Per questo mi capita di incontrare molti colleghi di altri Paesi e posso affermare che le altre politiche ci invidiano questa nostra presenza all'estero, numerica e qualitativa, e noi questo non lo abbiamo percepito. La politica italiana- ha aggiunto - , i partiti italiani, chiusi nei loro particolarismi, non hanno percepito questa opportunità e noi, 18 parlamentari all'estero, non siamo stati capaci di trasmetterla; dunque è una responsabilità comune”.
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