Nel corso dell’Incontro di studio del 29 febbraio (Sala Aldo Moro):
“Crisi INTERNA, crisi INTERNAZIONALE. OBIETTIVI e STRUMENTI PUBBLICI per la POLITICA ESTERA dell’ ITALIA”
Si tratta di un tema che va affrontato con serietà e riguarda l’esistenza di personale che viene assunto localmente; si tratta di lavoratori che hanno contratti locali, sindacati locali e che un Paese come il nostro dovrebbe riconoscere come tali, ovvero dovrebbe riconoscerne la rappresentanza sindacale e riconoscere l’applicazione di quei contratti che localmente esistono.Non si capisce perché debbono diventare elettori delle RSU del Pubblico Impiego italiano o perché bisognerebbe sostenere una cosa che diventa pericolosissima. Noi non lo abbiamo mai accettato, lo avrebbe voluto fare la Comunità economica europea: sancire il fatto che ognuno va in un Paese e si porta dietro le sue regole.
Se viene dato un appalto in Italia ad una azienda straniera avrebbe dovuto valere il fatto che quei lavoratori si possano portare qui in Italia le regole di quel Paese. Noi abbiamo sempre sostenuto invece che valgono le regole e le leggi del Paese in cui si lavora. Se vale per il lavoro, questo principio deve valere anche per le Rappresentanze diplomatiche e i lavoratori che ci sono. Deve valere un principio di cui noi siamo portatori –spero tutti: il lavoro va riconosciuto, retribuito, ma rispettando le regole ed è giusto che ci sia la rappresentanza.
Nello stesso tempo ci debbano anche essere elementi per qualche forma di coordinamento, visto che l’interlocutore è sempre lo Stato italiano. Ma non si può sovraccaricare lo Stato . In realtà –apparentemente si dice a questi lavoratori che partecipano ad un grande evento, quale per noi sono le elezioni delle RSU nel sistema pubblico, ma in realtà gli si toglie la possibilità di una rappresentanza concreta.
Questa è la ragione per cui non condividiamo il progetto di legge di cui si sta discutendo, proprio perché crediamo che la rappresentanza sia una cosa molto seria: per questo va riconosciuta nelle forme e nei modi e rispettato il fatto che non c’è esportazione delle regole negli altri Paesi. Questo per noi è un principio che va mantenuto. Altrimenti lo si fa, magari,con un pensiero positivo, perché non ho dubbi che le nostre regole di lavoro siano migliori di quelle che esistono in una parte dei Paesi del mondo, ma questo non lo si risolve riconoscendo loro rappresentanza e contratti di un altro paese come il nostro che -se rinnovati, come vogliamo,-risultano positivi.
Sarebbe però assolutamente sbagliato immaginarsi che invece permettiamo per le nostre Rappresentanze nel mondo ciò che abbiamo negato alla Comunità europea in termini di diritti di ogni Paese. Poi, se un giorno avremo un contratto unico mondiale saremo tutti felici, ma nell’attesa di questo evento (e intanto lavoriamo per quello europeo che potrebbe essere uno più possibile), il rispetto del fatto che non vi è esportazione delle regole, vista la lunga vicenda della Bolkestein in Europa, è per noi un principio che va mantenuto.
La funzione della rappresentanza è una cosa seria e non può essere imposta da nessuno, anche se con un pensiero positivo; si devono eleggere i rappresentanti che si ritengono utili.
Roma 05 marzo 2012
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