Comunicato stampa
A cura di Silvana Mangione
Il documento congiunto
di CGIL, CISL e UIL – Pubblica Amministrazione – sulla spending review del MAE,
si sviluppa in 6 pagine, fitte di analisi e proposte, in cui ci si oppone
duramente alla Commissione del Ministero, che fissa un rapporto 20% – 80% tra personale
di ruolo e personale assunto all’estero, in sintonia con i suggerimenti del
CGIE dal 1991 ad oggi. Abbiamo sempre denunciato gli sprechi clientelari e la
follia di inviare all’estero, ad esempio, autisti e assistenti a vario titolo che
non conoscono strade, sistemi e lingua del Paese d’arrivo.
Vengo al dunque. Sotto
il titolo: “Proposte a medio e lungo
termine di tagli o di rinvenimento di nuove risorse” si legge il seguente inno
alla democrazia: “...occorre riflettere
sulla compresenza di tanti momenti di rappresentanza delle nostre collettività:
Parlamentari, Consiglio Generale degli Italiani all'estero (CGIE) e Comitati
degli Italiani all'estero (COMITES). A tal riguardo, si attira l'attenzione
sulle somme destinate agli ultimi due organismi pari a 2 milioni di euro di
contributi ed ai costi preventivati per il loro rinnovo: 16 milioni di euro per
CGIE e COMITES (125 organismi) e 23 milioni di euro per l’elezione dei 16
parlamentari. In proposito andrebbero anche esaminate le percentuali di partecipazione
ai distinti appuntamenti elettorali”. Senza ricordare che i parlamentari
sono 18 e non 16, è come dire che, dato che in Italia esiste il Parlamento, non
c’è più bisogno delle rappresentanze locali - Comuni e Regioni – garantite all’estero
da Com.It.Es. e Intercomites, né quella internazionale costituita dal CGIE che
è il “sindacato” dei cittadini residenti all’estero e degli oriundi. È come
avere la tracotanza di affermare che, dato che le consultazioni elettorali costano,
bisogna cancellare qualunque organismo di rappresentanza previsto per legge. È
come dichiarare che non vale più la pena di fare ballottaggi come quelli del 20
e 21 maggio scorsi, perché in alcune città, anche molto importanti, si è recato
alle urne soltanto il 39% circa degli aventi diritto, percentuale molto vicina
a quella della partecipazione degli italiani all’estero alle ultime politiche.
Tutto questo potrebbe essere etichettato come una penosa svista irrazionale, targata
“mors tua vita mea”, che baratta la scomparsa di Com.It.Es. e CGIE con il
mantenimento dello status quo per i protetti da CGIL, CISL e UIL - PA. Ma c’è
di peggio: il principio su cui si basa questa proposta antidemocratica – tanto
più oscena in quanto viene dai vertici di libere associazioni democratiche di
protezione dei diritti dei cittadini – sta nel fatto, ributtantemente sostenuto
a gran voce da parecchi parlamentari eletti fuori d’Italia che, poiché esistono
loro, non c’è bisogno di altri organismi di rappresentanza. Bene, ricordando a
tutti che la stessa esistenza della circoscrizione estero con elezione diretta
è messa in pericolo dalle proposte di modifica costituzionale, il principio citato
è anche clamorosamente smentito dalla proposta successiva: “Cospicui risparmi potrebbero anche derivare
da modifiche alle modalità di esercizio del voto da parte degli italiani
all'estero... si potrebbe consentire di votare solo a coloro che
espressamente chiedano di essere iscritti nelle liste elettorali... (così
facendo ... solo in termini di spese postali – mediamente 8, 10 euro a
raccomandata - si conseguirebbero notevoli risparmi); oppure si potrebbe
consentire l'esercizio del voto in loco a tutte le categorie di cittadini
“temporaneamente all'estero” evitando che gli stessi vengano in Italia ad
esercitare il loro diritto ottenendo un risparmio – a beneficio dello Stato –
sul rimborso delle relative spese di viaggio (più di 20 milioni di euro)”. A
parte l’inesattezza delle cifre
citate, questo è ripugnante. Non credo che chi ha stilato il documento si sia
davvero reso conto di quello che stava proponendo: cancelliamo Com.It.Es. e
CGIE perché costano; limitiamo l’elettorato attivo all’estero perché costa (ma quanto
costa in risorse umane e finanziarie il meccanismo della registrazione da
ripetersi ogni anno?). Facciamo votare soltanto chi sta “temporaneamente
all’estero” perché gli “altri” costano. Risparmiamo la democrazia, perché
costa. A chi ha concordato questi obbrobri chiedo: perché non cancellare del
tutto i diritti di cittadinanza, e quindi di democrazia, all’estero? Si sono
chiesti gli elaboratori di questo piano di distruzione del legame fra lo
Stivale e l’Italia all’estero quanto costerà, in termini di soldi, di immagine,
di promozione, la cancellazione della partecipazione italiana in tutti i
momenti di difficoltà e in tempi recenti ha fatto valere il proprio livello di
integrazione ed il rispetto di cui gode nelle società civili estere contro le
notizie di imprese carnascialesche che provenivano dall’Italia? Quale
contraddizione sta nelle menti di chi sostiene la necessità di continuare ad
inviare personale amministrativo dall’Italia “per fornire servizi agli italiani
all’estero”, cui al contempo nega i sacrosanti, inalienabili diritti garantiti
non soltanto dalla nostra Costituzione, all’Art. 3: “Tutti i cittadini hanno
pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione... di
condizioni personali e sociali”; ma anche dalla Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo, nell’Art. 21: “Ogni individuo ha
diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia
attraverso rappresentanti liberamente scelti”? Cosa dobbiamo fare: la primavera
italo - estera per proteggere i nostri diritti? Ebbene, si sappia che, se sarà
necessario, siamo più che disposti a farlo!
Silvana
Mangione
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