Roma, 28aprile 2011 - Intervenendo oggi in aula nel dibattito sul “Documento di economia e finanza 2011”, Franco Narducci, deputato eletto nella circoscrizione Europa e Vice presidente della Commissione affari esteri, ha difeso vigorosamente il ruolo e il valore delle comunità italiane residenti all’estero ai fini della promozione del sistema Italia nel quadro complessivo dell’internazionalizzazione. Di seguito, il testo integrale dell’intervento di Narducci.
“Signor Presidente, nel corso del 2010 l'economia mondiale ha fatto registrare un tasso di crescita del PIL del 4,8 per cento, grazie anche ad un incremento di 12 punti percentuali del commercio mondiale, dopo il consistente calo del 2009.
I provvedimenti che il Governo assume devono tener conto della proiezione internazionale dell'Italia, per tornare a crescere, per tornare ad essere un Paese competitivo e in questo mi sembra strategico sottolineare il ruolo storicamente svolto dalle comunità italiane nel mondo sino ad oggi e il possibile ruolo che, in prospettiva, esse potranno avere in un contesto globalizzato e competitivo, dove altri Paesi - questo dobbiamo vederlo a fondo - considerano le proprie comunità come vere e proprie teste di ponte per allargare la propria influenza e volgere a proprio vantaggio il libero commercio. La Germania in questo insegna tante cose.
Credo che per aumentare la competitività del nostro Sistema Paese bisogna tenere in debito conto le nostre comunità italiane all'estero: milioni di cittadini italiani e 60 milioni di origine italiana, dove ritroviamo il portato della cultura italiana, che contribuisce al successo del made in Italy nel mondo. Sappiamo bene che il successo del made in Italy, e quindi anche di una parte consistente della nostra crescita economica, è legato alla capacità di valorizzare in termini di rete la ricchezza costituita dalle nostre comunità all'estero e il metabrand italiano nel mondo, quale incarnazione dell'immagine del vivere italiano nella percezione dei cittadini stranieri.
È allora necessario riqualificare gli sforzi indirizzati alla formazione del Sistema Italia con le sue caratteristiche culturali, linguistiche e imprenditive, ma per fare ciò è necessaria un'inversione di tendenza, questo è il dato centrale che vorrei sottolineare, rispetto ai tagli continui perpetrati ai danni del Ministero degli affari esteri e delle politiche per gli italiani nel mondo.
Se le nostre imprese riescono ad intercettare nuove aree e segmenti dei mercati internazionali, da un lato il merito è sicuramente della capacità imprenditoriale, dall'altro però, esse manifestano una maggiore difficoltà di penetrazione commerciale rispetto ad altri Paesi europei, nostri competitorpiù diretti.
Possono dunque essere propizie e fondamentali le nostre strutture all'estero, oltre che i singoli cittadini italiani nel mondo, espressione di un'Italia più ampia, anche oltre i confini nazionali, che manifesta grande attaccamento all'Italia, come dimostrano anche le iniziative per i festeggiamenti del centocinquantesimo anniversario dell'Unità.
Mentre molti Paesi - concludo, signor Presidente - sia europei che di nuova proiezione sullo scenario internazionale investono nella ridefinizione di nuove strategie di smart power noi facciamo i conti con la chiusura delle nostre rappresentanze consolari all'estero e dei nostri istituti di cultura.
Il tutto avviene mentre è iniziata una nuova battaglia per la presenza culturale nello scenario globalizzato, una battaglia che il nostro Paese non può perdere. Sarebbe un grave peccato ed un irreparabile errore di politica economica.
E’ urgentissimo adeguare le politiche industriali, della ricerca agli scenari che si sono venuti a creare con il successo commerciale delle economie dell'Asia orientale che crescono offrendo una abbondanza di lavoro, anche qualificatissimo, a basso costo, mentre si riduce ogni giorno il vantaggio competitivo dei paesi sviluppati, tra cui è l’Italia, e deve destare particolare preoccupazione l'adozione da parte della Cina di strategie di sviluppo orientate all'esportazione, andando a competere in larga misura proprio nel settore manifatturiero, sfruttando come “cavallo di Troia” commerciale proprio le comunità cinesi, come Prato insegna.
E’ evidente che è indispensabile e urgente, per poter ancora competere e crescere con speranze di successo, intervenire per ridurre il deficit storico italiano di ricerca e innovazione, che condiziona negativamente la crescita economica e la produttività italiane anche e soprattutto, nella prospettiva della competizione globale, utilizzando in modo ottimale il sistema Italia nel suo complesso.
Per queste ragioni, Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi diciamo no a questa manovra, a questo Documento di economia e finanza 2011, e diciamo convintamente no ad ogni ulteriore taglio, ad ogni ulteriore manovra di smantellamento delle strutture italiane all’estero, costruite faticosamente e che questo Governo ha messo in ginocchio con interventi chirurgici fin dal suo insediamento nel 2008.”
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Franco Narducci
Vicepresidente
Commissione Affari esteri
Camera dei Deputati, Roma
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