(NoveColonne ATG) Roma - Italiani insoddisfatti del proprio lavoro: 9 su 10 lo hanno dichiarato a Kelly Services, multinazionale americana leader nell’erogazione di servizi per le risorse umane, precisando che, nella ricerca del proprio “lavoro ideale”, la possibilità di cambiare Stato, e addirittura continente, non costituisce un problema. Un dato estremamente significativo (media internazionale 77%) soprattutto se si pensa che il Belpaese è superato, rispetto a questa variabile solo da Indonesia (94%), Messico (92%), Malesia e Thailandia (90%). Ultimi in classifica i Paesi scandinavi (Norvegia con il 58% e la Svezia con il 65%) e gli Stati Uniti (66%).
Questo uno dei risultati più eclatanti emersi dal Kelly Global Workforce Index, il monitor realizzato da Kelly Services su un campione di 97mila lavoratori di cui 6mila italiani. Gli intervistati che guardano con maggiore possibilismo a una carriera internazionale sono i più giovani: in Italia il 39% del campione di età compresa tra 18 e 29 anni si dichiara infatti interessato a svolgere una professione che implichi viaggi e spostamenti, anche all’estero. Specularmente, i colleghi di età compresa tra 48 e 65 anni detengono il primato dei meno esterofili, con una minor percentuale di lavoratori (28%) disposti a uno spostamento permanente fuori dai confini italiani. “Tra i dati più significativi emersi dall’indagine c’è sicuramente l’alta percentuale di lavoratori di età compresa tra 30 e 47 anni, e pertanto con posizioni, responsabilità e competenze ben sviluppate, che si dichiarano possibilisti rispetto all’eventualità di un trasferimento all’estero – osserva Stefano Giorgetti, direttore generale di Kelly Services in Italia – Ben tre professionisti su dieci, infatti, sarebbero pronti a rinunciare al Belpaese per cogliere le migliori opportunità di carriera. Famiglia e amici (71%), barriere linguistiche (9%) e costi legati al trasloco (8%) sono le ragioni addotte dagli intervistati come freno al trasferimento, mentre è particolarmente interessante osservare come, a livello di settore, si evidenzino significative differenze per quanto concerne “l’esterofilia lavorativa”: chi lavora nel comparto oil & gas (43%), nell’IT (42%) e nell’engineering (40%), presenta infatti percentuali decisamente sopra la media rispetto alle altre categorie professionali. Tutti d’accordo, invece, sulla durata massima “dell’esilio” che, per oltre il 60% del campione, non dovrebbe superare i tre anni.
Nessun commento:
Posta un commento